Tutti i team di tutte le organizzazioni hanno un problema in comune: troppe cose da fare, e troppo poco tempo per farle. Spesso il problema non dipende da fattori esterni, ma dal modo di lavorare del team. Si può però riuscire a ridurre dell’89% i tempi di risposta con Kanban.
In questo webinar approfondisco alcuni aspetti già raccontati in un case study pubblicato sul portale Kanban+ della Kanban University. E’ la storia di un team HR con cui collaboro, che grazie al metodo Kanban ha ridotto appunto dell’89% il tempo necessario per l’onboarding dei nuovi dipendenti. Sembra incredibile ma non lo è, perché l’applicazione di Kanban aiuta il team a portare alla luce le inefficienze del flusso di lavoro e a rimuoverle. Nel webinar spiego come abbiamo fatto, entrando maggiormente nel dettaglio degli aspetti tecnici e metodologici applicati e di come funziona il coaching Kanban.
Una parte significativa della teoria scientifica alla base del Metodo Kanban si rifà agli studi e alle scoperte dello psicologo Daniel Kahnemann, il quale insieme al collega Amos Tversky ha studiato a fondo e dimostrato con esperimenti la tendenza della mente umana a violare sistematicamente alcuni principi di razionalità. Kahnemann, riprendendo studi precedenti, ci spiega come la nostra mente sia caratterizzata da due processi di pensiero distinti: uno veloce e intuitivo (detto sistema 1) e uno più lento e ‘pigro’, ma anche più logico e riflessivo (detto sistema 2). Il primo presiede all’attività cognitiva automatica e involontaria, il secondo entra in azione quando dobbiamo svolgere compiti che richiedono concentrazione e autocontrollo. Questa organizzazione del pensiero ci consente di eseguire quotidianamente con relativa facilità operazioni complesse ma può anche essere fonte di errori, appunto le euristiche e i bias cognitivi.
Il giorno in cui avevamo impostato insieme alla mia cliente il sistema Kanban del quale ho poi raccontato nel case study, avevo utilizzato una Kanban board fisica. Si trattava di una lavagna bianca sulla quale avevo disegnato con un pennarello le colonne corrispondenti alle fasi di lavoro e sulla quale avevo man mano applicato dei post-it che rappresentavano gli elementi di lavoro. Al termine della giornata di lavoro avevo quindi fotografato con lo smartphone la lavagna, in modo tale da ‘fissare’ il lavoro svolto e archiviarne la versione così come realizzata quel giorno.
Bias di ancoraggio ed euristica affettiva
La macchina fotografica dello smartphone appone in un angolo delle foto, in sovraimpressione, una ‘marcatura temporale’ (data e ora), in modo che non si perda l’informazione di quando la foto è stata scattata. Ecco il dettaglio della foto fatta quel giorno, cosa leggete?
Il formato è ‘data inversa’, si legge da destra verso sinistra, ho scattato la foto il 18 settembre 2020 alle ore 17:41.
Soltanto che rileggendo la data distrattamente quando riguardavo il materiale per scrivere il case study, il mio Sistema 1, più abituato a leggere date scritte nel senso opposto, da sinistra verso destra, si è fatto ingannare dalla somiglianza con la data 20/9/18 (20 settembre 2018). Tipica dinamica automatica da Sistema 1 e tipico bias di ancoraggio. Il Sistema 1 ha fatto troppo affidamento sull’abitudine a leggere le date da sinistra verso destra, che ha fatto da ‘ancora’. Il mio Sistema 2 ha ritenuto plausibile l’informazione e pigramente non è intervenuto.
Inoltre la data (sbagliata) del 20/9/18 ha funzionato a sua volta da ulteriore ‘ancora’ perché sono andato avanti convinto che fosse la data giusta. Quando ho rivisto il case study insieme alla mia cliente, avevamo dei dubbi sulle date, non ci tornava che il progetto fosse iniziato due anni prima, ma ero talmente convinto della data letta sulla foto che alla fine ho convinto anche lei. “E’ stampato sulla foto, non possiamo sbagliarci” le dicevo. Sbagliando.
Deve infine avere giocato un ruolo anche l’euristica affettiva, forse abbiamo avuto tutti e due la tendenza a percepire nella nostra mente come più lunghi i tempi di un progetto che fin lì aveva dato soddisfazioni a entrambi, altra dinamica automatica da Sistema 1 e di nuovo il Sistema 2 non è intervenuto.
Arrivano i nostri, il Sistema 2
Ho trovato interessante il modo con cui un bel giorno mi sono finalmente accorto dell’errore. Dovendo preparare un incontro con la cliente e rivedendo, con il Sistema 2 ben vigile e attivo, le foto della prima versione della Kanban board, perché ero concentrato a valutare varie opzioni su come evolverla, ho finalmente prestato attenzione ai dettagli e letto bene la data, per cui il mio Sistema 2 ha decodificato che si trattava di un formato ‘data inversa’ e segnalato l’errore. Resomi conto dell’errore, ho corretto il case study.
Morale della storia: bisogna conoscere le dinamiche della nostra mente, essere consapevoli dei rischi connessi alle euristiche e ai bias cognitivi e imparare a controllarli il più possibile. In questo caso avrei fatto meglio la prima volta a non fidarmi completamente del riscontro del Sistema 1 e ‘costringere’ il Sistema 2 a fare un piccolo sforzo e una verifica di congruenza del dato fornito dal Sistema 1.
Più in generale, nei sistemi Kanban utilizziamo in modo sistematico pratiche quali metriche, visualizzazioni e cadenze proprio per costringere il Sistema 2 a fare tali verifiche di congruenza, in modo da limitare il più possibile l’impatto dei bias cognitivi sulla valutazione del nostro lavoro.
Il metodo Kanban aiuta a migliorare il modo di lavorare e negli articoli che trovate nel blog ho raccontato come questo sia stato attuato nelle aziende con cui collaboro. In questo articolo vorrei raccontare invece come funziona ‘dietro le quinte’, come insieme alle persone dei team coinvolti analizziamo in modo visuale i flussi di lavoro alla ricerca dei potenziali miglioramenti. L’esempio nel seguito si riferisce al dipartimento risorse umane del quale parlo in un caso di studio pubblicato recentemente e al suo flusso di lavoro per l’onboarding dei nuovi dipendenti.
Per fare l’analisi iniziale dei flussi, di solito chiedo di incontrare il team in presenza. Il primo impatto è fondamentale per stabilire una relazione con le persone coinvolte. Creare un buon clima di collaborazione aiuta più tardi a fare emergere alcuni dettagli che altrimenti sfuggirebbero. Conoscere le persone nel loro ambiente di lavoro aiuta anche a cogliere alcuni non detti che possono essere importanti.
1. Prima mappatura dei processi e misurazione su foglio Excel
Per prima cosa quindi abbiamo mappato i flussi di lavoro su una lavagna bianca fisica, usando post-it e pennarelli. Abbiamo proceduto in modo estremamente informale, non ci siamo preoccupati della notazione utilizzata, l’importante era che il flusso di lavoro fosse chiaro e comprensibile alle persone presenti, che poi erano quelle che avrebbero dovuto leggere e usare il diagramma. Questo approccio poco formale aiuta a coinvolgere anche le persone con poca o nessuna conoscenza dei metodi di rappresentazione dei processi. Scherzando per sdrammatizzare con chi è abituato ad approcci più formali di rappresentazione, dico che scriviamo i processi con notazione BPMN che però nel nostro caso significa Brutal Process Marco’s Notation.
Per far cogliere immediatamente il senso del lavoro e anche per arrivare rapidamente a qualche risultato, una volta definito il flusso e individuate le sue fasi, con il nostro team di risorse umane abbiamo cominciato a misurare il flusso a mano, segnandoci su un foglio Excel i tempi di attraversamento delle varie fasi del flusso. Queste misure ci hanno permesso di disegnare i primi grafici di densità di distribuzione del Lead Time e cominciare a comprendere le dinamiche dei flussi di lavoro. E’ bastato questo per individuare alcuni evidenti colli di bottiglia verso i quali indirizzare le azioni di miglioramento, che hanno portato nel giro di un solo mese al dimezzamento del Lead Time medio, ma soprattutto ad avere una curva di distribuzione Thin-tailed. In pratica avevamo dimezzato e reso più certo il tempo necessario per l’onboarding dei nuovi dipendenti dell’azienda.
2. Analisi STATIK del servizio
A questo punto abbiamo svolto l’analisi STATIK del servizio di onboarding. STATIK sta per Systems Thinking Approach to Implementing Kanban ed è un approccio sistemico che permette di analizzare e mappare le fonti di insoddisfazione, la domanda, le capability del sistema, il flusso di lavoro e le classi di servizio per arrivare a definire una prima versione di un sistema Kanban. Essendosi ormai affiatato il team, anche grazie ai primi promettenti risultati, questo lavoro è stato svolto in parte da remoto. Abbiamo svolto il lavoro in ogni caso su lavagna virtuale Miro, sulla quale compilavamo un template STATIK Canvas, strumento efficacissimo per procedere rapidamente in modo visuale e ordinato.
3. Evoluzione dei processi su lavagna virtuale
Messo a punto il primo sistema Kanban, abbiamo cominciato a evolverlo progressivamente e sperimentalmente. Abbiamo rivalutato periodicamente tutti i flussi di lavoro, alla ricerca di semplificazioni e linearizzazioni. Per visualizzare questo lavoro abbiamo utilizzato di nuovo la lavagna Miro, sulla quale abbiamo mappato la seconda versione dei flussi, sempre con la solita notazione brutale. Da lì in poi abbiamo fatto periodicamente riflessioni e sperimentazioni, aggiornando i flussi sulla lavagna quando queste ultime avevano successo.
4. Kanban board elettronica con misurazione
Nel nostro percorso evolutivo il team ha cominciato con il tempo ad avvertire il bisogno di fare un uso più avanzato delle pratiche Kanban di visualizzazione e gestione del flusso di lavoro, potendo disporre anche di uno strumento di misura più agevole di quanto non fosse il foglio Excel, per cui dopo qualche mese abbiamo cominciato ad utilizzare una kanban board virtuale su Kanban Zone. Questo passaggio di ha permesso una migliore gestione dell’attività e un monitoraggio più accurato e completo delle metriche di flusso, potendo continuare il nostro percorso di evoluzione sperimentale e collaborativa con strumenti visuali.
L’evoluzione progressiva dei flussi di lavoro ha portato infine il team, nel giro di un anno, a ridurre dell’89% il tempo necessario per l’onboarding dei nuovi dipendenti. Questo percorso ha portato a rivalutare il sistema informativo aziendale dell’HR, che sta venendo costantemente aggiornato recependo i flussi aggiornati insieme a tutte le logiche e le misure del sistema Kanban. E il viaggio continua….