La pratica di guardare al programma settimanale tipico e di fare un’analisi personale della capacità produttiva rispetto alle diverse attività da svolgere – che ho chiamato Personal Capacity Planning – è un esercizio che da oltre un decennio suggerisco alle persone a cui faccio da coach in molte organizzazioni. E ha sempre aumentato la loro produttività.
Primo passo: cercare i modelli settimanali personali
Il metodo applicato è molto empirico e pragmatico. Non vengono fatte stime o pianificazioni delle attività, che sarebbero dispendiose in termini di tempo e di denaro; l’idea è invece quella di ricordare ciò che è stato fatto in media nelle ultime settimane, alla ricerca di un modello. Un approccio alternativo consiste semplicemente nel tenere traccia e registrare ciò che viene fatto nell’arco di due o tre settimane.
Ciò che emerge è di solito un modello di come i carichi sono tipicamente distribuiti per mantenere il livello di attività corrente, e la cosa che mi ha sempre sorpreso è come si possano individuare modelli sensati anche in organizzazioni piuttosto caotiche (livello di maturità tra 0 e 3 del Modello di Maturità Kanban). È come se le persone in queste organizzazioni tendessero istintivamente a compensare il caos che le circonda dandosi delle routine prevedibili a livello personale. Inoltre, mantiene la sua utilità anche nelle organizzazioni con un livello di maturità più elevato.
Secondo passo: regolare i modelli per far evolvere il flusso di lavoro
L’aspetto interessante è che questa tendenza istintiva può essere sfruttata per evolvere e stabilizzare i flussi di lavoro. Il solo fatto che le persone visualizzino la loro settimana tipo e ne diventino più consapevoli, tende a stabilizzare il loro comportamento e quindi il sistema. Inoltre, applicando altre pratiche Kanban insieme al team, come la visualizzazione del lavoro, l’analisi dei flussi di lavoro, la raccolta delle metriche iniziali e la comprensione delle azioni che possono migliorare il flusso di lavoro, il team può agire in modo condiviso sui modelli personali di pianificazione delle capacità, cercando di modificarli per facilitare il miglioramento del flusso di lavoro nella direzione desiderata. All’interno delle cadenze Kanban, in primo luogo il Team Kanban Meeting ma anche la Service Delivery Review, il team può discutere e condividere come eseguire esperimenti safe-to-fail regolando ogni singolo pattern per far evolvere i flussi di lavoro, in modo che con successivi aggiustamenti nel tempo i flussi di lavoro possano essere stabilizzati e ottimizzati.
Ho trovato questa pratica particolarmente utile quando le persone sono impegnate in diversi team e in diversi flussi di lavoro, e ho sempre osservato empiricamente una tendenza a riequilibrare le prestazioni tra i flussi, ad esempio rallentando i flussi di lavoro che stanno ottenendo risultati migliori rispetto agli SLA (livelli di servizio concordati) a favore di un’accelerazione dei flussi di lavoro che sono sottoperformanti.
Terzo passo: riservare la capacità secondo le proprie esigenze
Regolare e riequilibrare la capacità personale permette anche di riservare della capacità, se necessario. Quando ho attuato questa pratica per la prima volta, nel 2011, ero il delivery manager di un’azienda di software e guidavo un gruppo di project manager. Il problema principale di allora era che molte risorse impegnate nei progetti erano condivise ed erano anche impegnate in altre attività di manutenzione operativa. È stato allora che ci è venuta l’idea di riservare degli “slot” di capacità, in modo da evitare conflitti con i progetti e assicurarci che la capacità disponibile per i progetti fosse realistica.
In seguito ho utilizzato lo stesso approccio ogni volta che mi sono trovato in una situazione simile. Ad esempio, mi ha aiutato ad applicare Scrum: se le stesse persone dovevano partecipare a team diversi, di cui solo alcuni applicavano Scrum, nasceva la necessità di riservare slot condivisi in cui lavorare in co-locazione e applicare i “rituali” di Scrum. Più di recente, l’ho utilizzato per i team che sono coinvolti in attività di supporto e service desk oltre che in progetti di sviluppo, bilanciando i carichi di lavoro e riservando i turni come agenti del service desk.
Come questa pratica può esservi di aiuto?
La reazione iniziale all’introduzione di questa pratica è sempre stata di sospetto, come se volessi farmi gli affari del team e controllarli mettendoli in una sorta di “gabbia”. Dopo qualche tempo, però, le persone hanno sempre scoperto che non si tratta di una “gabbia”, ma di un metodo gestito autonomamente dal team stesso e finalizzato a sostenere la stabilità e la prevedibilità del loro sistema di lavoro, indipendentemente da fattori esterni di disturbo. Una maggiore stabilità e prevedibilità del sistema significa che le persone, e i team di cui fanno parte, hanno nel tempo un controllo sempre più efficace sui livelli di servizio che offrono ai clienti e quindi, in ultima analisi, diventano padroni del proprio destino.
Questa pratica non limita, non rinchiude il team in una “gabbia”, ma fa l’opposto, sollevando il team dalla pressione esterna. È un concetto controintuitivo che può essere compreso appieno solo sperimentando una pratica che si integra perfettamente con il Metodo Kanban ed è pienamente in linea con i suoi principi.