Come funziona Kanban: un esercizio di empatia e costruzione della fiducia tra dirigente e consulente

In questo articolo voglio parlare di un aspetto importante per l’implementazione del metodo Kanban, che mi trovo sempre a dover gestire con la massima attenzione: il necessario esercizio di empatia e costruzione della fiducia che deve esserci tra dirigente dell’organizzazione interessata e il consulente.

Prendo spunto dall’articolo del collega Accredited Kanban Consultant Horia Balog, che immagina un primo incontro tra il consulente Ted e la dirigente Mary. L’articolo esplora il confronto tra le preoccupazioni di Mary e le intuizioni di Ted, lasciando il finale aperto e invitando i lettori a condividere la propria opinione.

Accolgo l’invito, ma prima, nel prossimo capitolo, vi presenterò un estratto dell’articolo originale (la traduzione è mia, potete trovare l’originale qui). Nel capitolo successivo, invece, condividerò la mia ipotesi su come la storia potrebbe evolversi, basandomi sulla mia esperienza.

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Le preoccupazioni di Mary e le intuizioni di Ted

Setup – Il consulente Ted entra nell’ufficio di Mary, responsabile della linea di business XYZ di una grande organizzazione finanziaria. Ted è stato raccomandato a Mary da un altro dirigente di un istituto finanziario simile nel contesto di miglioramenti aziendali che hanno portato a chiare e dimostrabili tendenze positive sul bilancio dell’organizzazione e in particolare per una linea di business simile.

I due sono seduti nell’ufficio di Mary, in un gelido lunedì mattina di inizio gennaio. Dalla finestra si vedono i grattacieli del centro e un paio di sottili colonne di fumo che punteggiano l’azzurro del cielo invernale.

“Benvenuto Ted! Il nostro comune amico Jim e io stavamo chiacchierando a margine di una conferenza in autunno e lui ha menzionato alcuni dei lavori che hai svolto per lui negli ultimi due anni. È stato interessante notare che l’approccio utilizzato è molto diverso dalla norma. Ma lui è stato molto categorico nel dire che ha fatto la differenza!”.

Ted raccoglie lo spunto. “Jim è così gentile, devo ringraziarlo! Abbiamo fatto un buon lavoro insieme e abbiamo sicuramente fatto la differenza per la sua organizzazione. Non è stato né facile né veloce, ma con la pazienza e l’attenzione che ci sono state date, abbiamo ottenuto risultati”.

Mary era poco convinta e molto preoccupata. “Non sono sicura che funzionerebbe per noi. C’è così tanto lavoro e non abbiamo tempo, essenzialmente. Ci sono diversi progetti che hanno superato diverse scadenze e, naturalmente, hanno superato il budget. E la pazienza della nostra leadership si sta davvero esaurendo. Abbiamo bisogno di risultati immediati”.

“Beh, lasciami cercare di capire il problema in questione” interviene Ted. “Immagino che abbiate progetti per creare flussi di entrate, lanciare nuovi prodotti, acquisire nuovi segmenti di clienti, risolvere i problemi dei clienti. E poi ci sono anche le consegne legate alle normative e alla conformità che arrivano senza un preavviso sufficiente per permettervi di pianificarle adeguatamente. E queste mettono seriamente in crisi i vostri piani. E poi, ogni volta che i partner del reparto tecnico hanno la possibilità di consegnare il lavoro, tirano fuori i progetti della piattaforma di gestione della valuta che sono in ritardo. E hanno difficoltà a fornire prove dei benefici aziendali di questo lavoro. Come sto andando finora?”.

Mary esita per 2 secondi. Fa fatica a nascondere la sua sorpresa per queste intuizioni. Come fa a saperlo? Con chi ha parlato nell’organizzazione? Perché le persone parlano di questi problemi con persone estranee?

“Beh, non proprio. I nostri partner tecnici e il CIO ci tengono aggiornati sui loro piani per la piattaforma valutaria e, a parte piccoli ritardi e aggiustamenti, sono puntuali con la maggior parte delle loro consegne. Ho visto la loro roadmap e sembra ottima!”.

“E la nostra roadmap strategica aziendale è solida. Il nostro ufficio di gestione dei progetti la gestisce da vicino e la rivede regolarmente”.

A questo punto, la scena è pronta perché Ted possa raccomandare alcuni primi passi specifici.

“È fantastico! Una cosa che abbiamo messo a punto con Jim è stato un metodo consolidato e visivo per allineare e dare priorità a diversi tipi di attività senza sovraccaricare il reparto tecnico. Abbiamo lavorato su due aspetti complementari. Il primo è stato quello di visualizzare tutto il lavoro richiesto da più fonti: strategica di business, gestione della valuta e debito tecnico, normativa e compliance. Il secondo è stato quello di migliorare la comprensione della capacità realistica di consegna per il reparto tecnico. Li abbiamo messi in grado di gestire il loro carico di lavoro e di raggiungere una situazione in cui possono realisticamente impegnarsi e mantenere i loro impegni nonostante le complessità che stanno affrontando”.

“Per quanto riguarda il primo punto, abbiamo creato meccanismi specifici per supportare sia le iniziative aziendali ad alto valore sia i requisiti normativi a scadenza rigida degli enti normativi interni e di mercato. Quindi le priorità sono state determinate in modi diversi e specifici a seconda del contesto”.

“Per quanto riguarda il secondo punto, pur mantenendo le metriche e le misurazioni di consegna preesistenti, le abbiamo integrate con altre che hanno permesso all’organizzazione di gestire meglio le variazioni di dimensione dei lavori, la loro urgenza e le inevitabili dipendenze che si verificano durante la consegna. Ad esempio, abbiamo definito accordi sui livelli di servizio tra i team di progetto e l’organizzazione IT, l’organizzazione di supporto all’infrastruttura tecnica e i gruppi business che supportano il lancio di nuove funzioni e funzionalità. Questo ha aumentato la trasparenza e il livello di prevedibilità della consegna”.

Gli occhi di Mary cominciavano a velarsi. “Qui non funzionerà mai. Abbiamo aspettative molto specifiche da parte della nostra leadership aziendale e il nostro gruppo di conformità non perdona. E i gruppi tecnici sono sovraccarichi di lavoro per le consegne, quindi non saranno interessati a processi aggiuntivi, metriche, ecc. È troppo sofisticato: abbiamo bisogno di qualcosa di semplice che funzioni per noi il prima possibile”.

Imperturbabile, Ted fece marcia indietro. “Capisco il suo punto di vista. Che ne dici di iniziare a capire i processi in atto in ogni parte dell’organizzazione e di introdurre, all’inizio, un numero di cambiamenti sufficiente per apportare subito dei miglioramenti. Poi possiamo aiutarli a far evolvere il loro sistema di lavoro nel tempo. Ecco perché questo richiede tempo e non può essere fatto da un giorno all’altro. Soprattutto perché non c’è nulla che si possa comprare e installare per migliorare la situazione”.

Mary non è ancora convinta… “Beh, in teoria ha senso…”.

Ted ha colpito nel segno. “Ecco come ha funzionato per Jim. Ha fatto in modo che la sua leadership e la sua organizzazione si convincessero della visione a medio e lungo termine e ha continuato a concentrarsi sui primi risultati. Questo ha dato slancio e ha permesso all’organizzazione di evolversi e di ottenere sempre più vantaggi”.

“So che avete problemi e vincoli diversi, ma ci sono le condizioni perché questo approccio funzioni. Ogni volta. Non vedo l’ora di avere l’opportunità di dimostrarlo anche nella vostra organizzazione, naturalmente!”.

Si organizzano per un seguito e si scambiano alcuni convenevoli all’uscita.

Ora, l’esito della storia è un’ipotesi da fare tutti insieme. Mary ha deciso di coinvolgere Ted, nonostante i rischi percepiti e la mancata corrispondenza tra la novità di queste pratiche e le pressioni e i vincoli presenti nell’organizzazione? Ha mantenuto la posizione iniziale e ha ignorato la proposta di valore sul tavolo? Hanno trovato un modo per continuare la conversazione, anche se rinviando per ora l’impegno a iniziare questo lavoro?

Lascio a voi, lettori, la decisione…

Concludo con un elenco incompleto di conclusioni rilevanti in questo contesto:

– I principi funzionano sempre se adattati al contesto.

– Per ottenere risultati diversi è necessario un cambiamento reale.

– È normale resistere al cambiamento – ci sono studi e statistiche che dimostrano che la stragrande maggioranza di noi è a favore di una sorta di status quo -, eppure bisogna lavorarci sopra.

Non vedo l’ora di sentire i vostri pensieri!

Implementare Kanban per la trasformazione aziendale

Dopo il primo incontro con Ted, Mary ha continuato a riflettere sulle sue parole. La pressione della leadership, le scadenze stringenti e l’apparente rigidità dei processi in essere sembravano ostacoli insormontabili. Tuttavia, l’approccio pragmatico e incrementale proposto da Ted suscitava in lei una certa curiosità. Decise di non chiudere subito la porta e accettò di organizzare un secondo incontro con Ted e alcuni membri chiave del suo team.

Fase 1: visualizzare il lavoro

Nel secondo incontro, Ted propose un esercizio semplice ma potente: visualizzare tutto il lavoro in corso. Creò una lavagna Kanban con tre colonne principali: da fare, in corso e fatto. I membri del team iniziarono a elencare tutte le iniziative attuali, separandole per tipologia:

  • Nuovi prodotti e segmenti di mercato
  • Conformità normativa
  • Manutenzione e aggiornamenti tecnici
  • Supporto operativo

Il risultato fu illuminante. Il team si rese conto che molte attività erano in corso senza una chiara priorità, creando un sovraccarico su più fronti. Inoltre, alcuni compiti critici erano bloccati a causa di dipendenze non esplicitate.

Fase 2: limitare il lavoro in corso

Ted suggerì di introdurre un concetto chiave di Kanban: il limite al Work in Progress (WIP). Invece di lavorare su tutto contemporaneamente, il team avrebbe dovuto focalizzarsi su un numero limitato di attività, completandole prima di iniziarne di nuove. Mary inizialmente esitò, temendo un rallentamento dei progetti, ma dopo un test di due settimane, i primi benefici divennero evidenti: il team riusciva a completare più attività in meno tempo e con maggiore qualità.

Fase 3: gestire il flusso e migliorare la trasparenza

Una volta stabiliti i limiti di WIP, il team di Mary iniziò a monitorare il flusso di lavoro. Ted introdusse metriche semplici come il Lead Time (tempo totale per completare un’attività) e il Cycle Time (tempo trascorso nelle colonne “In corso” a “Fatto”). Con questi dati, il team individuò i colli di bottiglia, come la dipendenza eccessiva dall’IT per il rilascio di nuove funzionalità.

Parallelamente, la leadership aziendale iniziò ad apprezzare la maggiore visibilità sui progressi, riducendo la pressione sulle scadenze e permettendo decisioni più informate sulle priorità.

Fase 4: adattarsi e crescere

Dopo tre mesi di sperimentazione, i risultati furono chiari e misurabili:

  • La prevedibilità delle consegne migliorò del 30%
  • I tempi di rilascio si ridussero del 25%
  • La collaborazione tra business e reparto tecnico divenne più fluida

Mary, che inizialmente era scettica, divenne una sostenitrice del metodo. Non solo il team lavorava meglio e con meno pressione, ma anche la leadership aziendale aveva una visione più chiara dei progressi e delle sfide da affrontare.

Conclusione

L’implementazione di Kanban non è stata una rivoluzione immediata, ma un’evoluzione costante. Attraverso piccoli passi, Mary e il suo team hanno trasformato il loro approccio alla gestione del lavoro, ottenendo maggiore efficienza e soddisfazione. La storia di Mary dimostra che il cambiamento è possibile, anche in condizioni difficili, a patto di affrontarlo con metodo, pragmatismo e una mentalità aperta.

Come avrebbe detto Ted: “Ogni trasformazione inizia con un primo passo. Il segreto è non fermarsi mai di fronte agli ostacoli”.

Come funziona Kanban: STATIK, un approccio strategico per ottimizzare il flusso di lavoro

L’analisi STATIK (Systems Thinking Approach to Introducing Kanban) è un metodo strutturato per introdurre Kanban in un’organizzazione, garantendo un flusso di lavoro efficiente e ottimizzato. Il suo valore risiede nella capacità di analizzare il sistema esistente, comprendere la domanda di lavoro, identificare i colli di bottiglia e progettare un sistema ‘pull’ su misura per le esigenze del team. Attraverso un approccio basato sul pensiero sistemico, STATIK aiuta le aziende a migliorare la gestione del lavoro, aumentare la trasparenza e favorire un’evoluzione sostenibile dei processi operativi.

Per aiutarvi a comprenderne meglio le dinamiche, ho tradotto un’interessante guida scritta da due colleghi brasiliani – Cleiton “Caco” Mafra e Lucas Guimarães – i quali hanno anche creato uno strumento visuale che utilizzo tantissimo, lo STATIK Canvas.

Se conoscete la lingua portoghese e volete leggere il post originale, lo trovate qui. Di seguito invece la mia traduzione in italiano.

STATIK Canvas – La migliore guida pratica per iniziare a lavorare con Kanban

Sebbene molte persone abbiano già avuto contatti con STATIK nei corsi di formazione, ci rendiamo conto che la maggior parte di loro ha dubbi su come applicare questo approccio nella pratica.

Questa difficoltà è diventata più evidente nel dicembre 2020, quando Lucas Guimarães ha creato lo STATIK Canvas e lo ha pubblicato sul suo profilo Linkedin con l’obiettivo di aiutare la comunità a introdurre il metodo Kanban in modo più visivo e pratico. Ci sono stati molti commenti con domande, diversi messaggi ed è allora che a noi (Lucas e Caco) è venuta l’idea di scrivere un post per spiegare il metodo passo dopo passo in modo dettagliato e con consigli pratici, in modo che possiate usarlo come guida pratica e definitiva a STATIK.

Lucas e io abbiamo deciso di pubblicare STATIK Canvas Playbook – La guida per avviare il miglioramento continuo con Kanban. Il playbook è un modo semplificato e diretto di applicare STATIK, utilizzando lo STATIK Canvas per comprendere e diagnosticare la situazione attuale della vostra azienda, area, prodotto o servizio che volete migliorare.

Questi sono consigli pratici per aiutarvi a ottenere il massimo da STATIK Canvas.

Continuate a leggere e scoprite come applicarlo: tutto è spiegato passo dopo passo.

Che cos’è STATIK?

STATIK è l’acronimo di “System Thinking Approach To Introduce Kanban”.

STATIK è un approccio esplorativo per iniziare a introdurre Kanban nella vostra organizzazione.

È un metodo che fornisce le basi per esaminare il prodotto/servizio in modo sistemico e individuare i primi passi da compiere con il metodo Kanban per iniziare a dare una risposta ai fattori di insoddisfazione esistenti.

Sebbene il metodo preveda 8 fasi raccomandate, STATIK non è un modello prescrittivo e la sua serie di fasi non è sequenziale. Il metodo può essere applicato in vari modi e in organizzazioni di qualsiasi tipo e dimensione.

Queste sono le 8 fasi suggerite per l’analisi di ogni prodotto/servizio:

  • Fase 1: capire cosa rende ogni servizio adatto allo scopo del cliente
  • Fase 2: capire la fonte di insoddisfazione del processo attuale
  • Fase 3: analizzare la domanda
  • Fase 4: analizzare la capacità
  • Fase 5: modellare il flusso di lavoro
  • Passo 6: individuare le classi di servizio
  • Fase 7: progettare il sistema Kanban
  • Fase 8: socializzare (condividere) il sistema e negoziarne l’implementazione

Nell’ottica di semplificare l’approccio STATIK, il Canvas si propone di fornire maggiore chiarezza su cosa trattare in ogni fase e di rendere il percorso più semplice, soprattutto per coloro che iniziano a lavorare con Kanban per la prima volta. Questo è un articolo pratico da utilizzare come fonte di riferimento e, in quest’ottica, divideremo l’articolo in 2 argomenti principali:

  • 4 errori comuni e come evitarli – 4 consigli pratici
  • STATIK Canvas – Consigli dettagliati su come applicare l’approccio nella pratica

4 errori comuni e come evitarli

Poiché lo scopo principale di questo articolo è quello di darvi consigli pratici sui primi passi da compiere con il metodo e di mostrarvi alcune scorciatoie per evitare di bloccarvi o di commettere errori comuni fin dall’inizio, iniziamo con 4 consigli pratici che vi aiuteranno a partire con il piede giusto.

  1. Pensare che STATIK sia necessariamente da fare in un workshop.
  2. Considerare STATIK come una checklist.
  3. Cercare di essere quello che ne sa più degli altri.
  4. Perdersi nei dettagli invece di cercare di identificare gli schemi di funzionamento generali.

1 – Pensare che STATIK sia necessariamente da fare in un workshop

Il primo consiglio pratico su STATIK è forse la domanda che ci sentiamo rivolgere più spesso: “Devo fare un workshop per utilizzare STATIK?”. La nostra risposta a questa domanda è decisamente NO.

In realtà, non esiste una prescrizione per l’esecuzione di STATIK. Il metodo fornisce in generale un approccio per comprendere alcuni aspetti del vostro prodotto/servizio, simile a una diagnosi, ma il modo in cui lo fate dipende da voi. Cercate di fare ciò che è più sensato in quel momento.

A livello più pratico, forse in alcuni scenari, per motivi di programmazione o di disponibilità, è improbabile che si riesca a mobilitare le persone per partecipare a un workshop, oppure semplicemente non si vuole creare resistenza a ciò che si sta facendo in quel momento e si preferisce comprendere lo scenario agendo in modo più discreto.

In questo caso, non c’è bisogno di forzare un workshop o una lunga riunione per far funzionare STATIK. Un approccio è quello di parlare semplicemente con le persone in modo informale, cercare di capire alcuni aspetti del loro prodotto/servizio e prendere nota degli aspetti più importanti.

Forse invece vi trovate in uno scenario in cui le persone non sono allineate tra loro rispetto alle fonti di insoddisfazione, allo scopo del prodotto/servizio, al flusso della domanda e ad altri aspetti trattati in STATIK, oppure volete coinvolgere le persone nel processo di cambiamento e utilizzare questo momento come punto di partenza. In questi casi, potrebbe essere una strategia migliore programmare una riunione o un workshop con tutte le persone coinvolte per promuovere l’allineamento e una comprensione comune dello scenario.

In sostanza, se fare STATIK sotto forma di workshop o in modo più discreto coinvolgendo le persone individualmente, dipende da voi. Non c’è nessuna prescrizione che dica che dovete farlo in un modo o nell’altro.

Suggerimento pratico:

Concentratevi sul risultato che volete ottenere con il processo. Assicuratevi che, indipendentemente dal formato, il risultato finale di STATIK sia una visione sistemica del vostro prodotto/servizio e un punto di partenza per un cambiamento evolutivo.

2 – Considerare STATIK come una checklist

Un errore comune tra coloro che lo utilizzano per la prima volta è quello di legger alcuni dei contenuti di STATIK, annotare gli 8 passi e volerli seguire alla lettera. Spesso si vuole fare tutti i passi in una volta sola – e ci si sente addirittura frustrati se non si riesce a fare tutto subito – per cui si fanno le cose in modo forzato, semplicemente per soddisfare tutti i passi dell”elenco’.

Come abbiamo detto all’inizio di questo articolo, STATIK è un approccio che aiuta a comprendere meglio lo scenario attuale.

Sebbene contenga 8 fasi esplicite, STATIK non è una ricetta per l’implementazione di Kanban e non richiede di utilizzare tutte le fasi nella vostra applicazione, né di eseguirle in una sequenza specifica.

La vera necessità di comprendere lo scenario prima di iniziare qualsiasi cambiamento è quella di poter iniziare il cambiamento in modo più assertivo e generare la minor resistenza possibile. Quindi iniziate in modo semplice.

Spesso il fatto che si cerchi di forzare la comprensione di molte cose che non sono ancora chiare nemmeno alle persone coinvolte può generare una resistenza iniziale.

In alcuni casi, la sola comprensione di 4 o 5 aspetti del vostro prodotto/servizio è sufficiente a darvi una visione d’insieme della vostra situazione e una base per iniziare a evolvere, senza che dobbiate seguire con precisione tutte le 8 fasi.

Suggerimento pratico:

Prendete le cose con calma e uscite dalla modalità automatica. Nulla in Kanban è una passeggiata; prima di qualsiasi applicazione pratica è necessario considerare il suo contesto.

3 – Cercare di essere quello che ne sa più degli altri

Un errore comune di chi inizia a lavorare con STATIK è quello di non volersi limitare a comprendere il processo, le insoddisfazioni e altri aspetti del prodotto/servizio, ma di cercare di correggere ciascuno di questi aspetti.

Come abbiamo detto più volte nel corso di questo articolo, STATIK è un approccio per generare COMPRENSIONE.

Se iniziate a correggere il processo e a cercare di implementare i cambiamenti fin dall’inizio, inizierete ad affrontare la resistenza delle persone fin dall’inizio.

“Ah, ma perché dovrei mai generare resistenza nelle persone se sto cercando di aiutare?”.

Mettiamoci quindi nei panni di queste persone. Immaginate di avere un vostro processo e un modo di fare le cose al lavoro, e all’improvviso arriva un estraneo e vi dice che vuole capire il vostro processo per aiutarvi a migliorare, ma prima di capire come funzionano le cose, inizia a fare varie correzioni, a mettere in discussione e a dare giudizi su tutto quello che sta succedendo. Come vi sentireste?

Prima che, proprio nella fase di comprensione, cerchiate di correggere il processo, dicendo che le persone stanno sbagliando tutto e che voi avete le risposte su come dovrebbero essere fatte le cose, ricordate che, se lo fate, da quel momento in poi tutti vi vedranno come l’ennesimo ‘fenomeno’ che, invece di aiutare le persone a evolvere rispetto ai problemi che hanno oggi, si preoccupa unicamente di realizzare il processo che ha in mente.

Le cose sono come sono oggi per un motivo, cercate di capire prima di giudicare.

Suggerimento pratico:

Non progettate il processo. Limitatevi a capire lo scenario. Lasciate le modifiche per un secondo momento ed evitate di creare attriti fin dall’inizio.

4 – Perdersi nei dettagli invece di cercare di identificare gli schemi di funzionamento generali.

L’ultimo consiglio pratico di questo articolo, ma non meno importante. Alla fine dell’intero processo STATIK, una volta ottenute alcune informazioni sull’erogazione e sulla struttura del servizio, è necessario comprendere le dinamiche di tutto ciò che è stato raccolto.

Poiché in questa fase cominciano ad essere evidenti alcune carenze nel processo, cercate di mettere in relazione le cose.

Verificate quanto un fattore interferisca con l’altro, cercate di mettere in relazione l’insoddisfazione con le differenze tra capacità e domanda, o con il flusso di lavoro esistente, con il profilo delle richieste, ecc.

L’osservazione d’insieme del servizio e della relazione tra i diversi aspetti può portare a conclusioni preziose per quanto riguarda i primi passi da compiere per un eventuale cambiamento.

Suggerimento pratico:

Concentratevi sui modelli e sulle relazioni tra i diversi aspetti del vostro servizio, non limitatevi a osservare i dettagli in modo isolato. Questo vi consentirà di essere più confidenti quando introdurrete nuove pratiche o modifiche ai processi.

STATIK Canvas

Si tratta di uno strumento che facilita il processo STATIK, aiutandovi a introdurre il metodo Kanban in modo più visivo e pratico.

Il Canvas permette la conservazione di tutte le informazioni in un unico posto, facilitando il processo di visualizzazione delle informazioni in modo sistematico, dove è possibile effettuare correlazioni tra i risultati di ciascun argomento trattato nel processo STATIK.

Per semplificare gli 8 passi originali di STATIK, li abbiamo adattati ai seguenti punti:

  • Prodotto/servizio o team
  • Scopo del prodotto/servizio
  • Fonti di insoddisfazione
  • Analisi della domanda
  • Analisi della capacità
  • Classi di servizio
  • Flusso di lavoro
  • Cadenze
  • Progettare il sistema Kanban e metterlo in pratica
STATIK Canvas

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Prodotto/servizio o team

Qual è il prodotto/servizio o il team analizzato in questo processo?

Il primo passo è identificare il prodotto/servizio che verrà analizzato. Vogliamo sottolineare che STATIK si applica anche ai prodotti, perché nella letteratura Kanban si trova solo il termine “servizi”, quindi molti hanno dei dubbi. In parole povere, un prodotto/servizio è qualcosa che la vostra azienda consegna o vende al cliente.

Se avete più di un prodotto/servizio, eseguite questo processo per ciascuno di essi. L’ideale è capire e analizzare il prodotto/servizio, dal momento in cui si riceve la richiesta e si comprende il problema, fino a quando lo si consegna al cliente.

Sebbene sia ideale concentrarsi sul prodotto/servizio nel suo complesso, è anche comune iniziare a comprendere come lavora un singolo team. Se vi trovate in questo scenario, non preoccupatevi: nelle fasi successive vi daremo dei suggerimenti per non perdere la visione sistemica del servizio fino alla consegna al cliente. In questo modo, STATIK vi aiuterà a capire dove si posiziona il vostro team nel flusso complessivo e garantirà l’allineamento globale con il prodotto/servizio per guardare all’insoddisfazione da una prospettiva più ampia.

Scopo del prodotto/servizio

Qual è lo scopo del prodotto/servizio? Che cosa lo rende adatto alle finalità dei clienti? Qual è la definizione di successo del prodotto/servizio?

È molto comune che le persone abbiano difficoltà a identificare lo scopo del prodotto/servizio, spesso perché non conoscono il concetto o perché si riferisce a qualcosa di intangibile.

Il nostro consiglio è di cambiare un po’ il vocabolario e di usare alcune domande:

  • Chi è il nostro cliente? È utile concentrarsi sul cliente finale.
  • Chi è coinvolto nella fornitura di questo prodotto/servizio al cliente finale? Questo aiuta a fare un po’ di chiarezza su chi è coinvolto.
  • Perché esistono queste persone? Cosa accadrebbe al nostro cliente se il nostro prodotto/servizio non esistesse? Questo aiuta a rendere tangibile l’impatto. Se la risposta è ancora un po’ generica, si può reiterare la domanda “Perché?” fino a ottenere qualcosa di più tangibile.
  • Se ci sono ancora delle lacune, vale la pena di andare avanti e durante le fasi successive si può poi tornare indietro e integrare.

Questa fase è molto importante per comprendere l’impatto del vostro prodotto/servizio e collegarlo alle altre fasi.

Fonti di insoddisfazione

Il grande segreto è garantire un’ampia comprensione dell’intero flusso da diversi punti di vista, ciò che chiamiamo visione sistemica. Cercate di coinvolgere tutti coloro che prendono parte diretta o indiretta nella fornitura del prodotto/servizio, in modo da comprendere entrambe le parti, interna ed esterna, ed evitare il pregiudizio di concentrarsi su una sola parte.

Un allineamento parziale in questa fase può portare a un cambiamento inadeguato, con pratiche che potrebbero non risolvere le reali insoddisfazioni alla base di quel prodotto/servizio, poiché non sono state mappate diverse insoddisfazioni e non sono state ascoltate diverse persone importanti all’interno del flusso di fornitura.

Insoddisfazione interna

Dal punto di vista di coloro che sono coinvolti nella realizzazione e nell’erogazione del prodotto/servizio.

  • Team di lavoro
  • Sviluppatori
  • Persone che si occupano di prodotti e design
  • Dirigenti e/o stakeholder interni
  • Altri team coinvolti nel processo
  • Appaltatori coinvolti nella realizzazione
  • Fornitori coinvolti nella realizzazione

Insoddisfazione esterna

Dal punto di vista di coloro che ricevono il prodotto e sono influenzati dal risultato del prodotto/servizio.

  • Cliente che paga il prodotto/servizio
  • Utenti finali del prodotto/servizio
  • Persone che si occupano di assistenza e supporto al cliente (aiutano a portare la visione del cliente)
  • Soggetti interessati esterni

Il consiglio principale è quello di evitare di addentrarsi troppo nell’analisi fin dall’inizio e di trasformarla in un fiume di lamentele. Se si individuano tra 3 e 5 insoddisfazioni interne principali e tra 3 e 5 insoddisfazioni esterne principali, questo è sufficiente per andare avanti. Se ritenete che le fonti di insoddisfazione mappate contengano troppe informazioni, prendetevi il tempo di ascoltare e poi cercate di stabilire un ordine di priorità tra quelle più rilevanti.

Un altro punto importante in questa fase è assicurarsi che si stiano davvero esaminando le insoddisfazioni esterne. È molto comune avere diverse insoddisfazioni interne e solo poche esterne, soprattutto in scenari di bassa maturità. In questo caso, se una parte è molto più preponderante dell’altra, cercate di assicurarvi di coinvolgere altre persone che possano portare una visione più ampia. Se non avete accesso diretto al cliente, potete rivolgervi alle persone che ne sono in contatto per avere una visione approssimativa.

Alcune domande che possono aiutarvi a iniziare a mappare l’insoddisfazione:

  • Cosa vi preoccupa oggi quando guardiamo questo prodotto/servizio?
  • Cosa ti manca?
  • Che cosa vi viene richiesto che non potete soddisfare?
  • Ci sono dipendenze che ne rendono difficile l’esecuzione?

Se vi rendete conto che c’è ancora qualcosa di non emerso, una possibilità è quella di andare avanti e tenere d’occhio le insoddisfazioni da cogliere durante le fasi successive. È molto comune che le insoddisfazioni emergano dopo, soprattutto quando si parla di richieste e di flusso. Sentitevi liberi di tornare e di inserire altre fonti di insoddisfazione man mano che le individuate nelle fasi successive.

Dopo aver analizzato il flusso di prodotti e servizi in diverse realtà, abbiamo individuato alcune insoddisfazioni tipiche che si manifestano in modo ricorrente e che vogliamo condividere con voi per aiutarvi a individuarle, soprattutto in scenari non ancora ben esplorati.

Fonti comuni di insoddisfazione:

  • Disallineamento delle informazioni per cui un’area “dà la colpa” a un’altra, in questo caso durante la comprensione del flusso diventerà più chiara la dinamica e si potrà approfondire.
  • Consegna ritardata
  • Mancanza di collaborazione tra i team e priorità poco chiare
  • Problema di qualità o troppa rilavorazione
  • La consegna è sempre in ritardo o non avviene affatto
  • Siamo lenti e non abbiamo la velocità che speravamo di avere
  • Disallineamento tra l’azienda e il cliente in merito alle aspettative sui tempi di consegna
  • Spesso non si rispettano le scadenze o gli accordi sul livello di servizio

Ma ricordate, questo non è un “menu” di insoddisfazioni o una guida, è solo un riferimento per aiutare chi si approccia per la prima volta a identificare ed esplorare, perché spesso vengono fuori parole singole, come “Disallineamento” o “Velocità”, e si può esplorare meglio usando alcune di quelle che io chiamo domande jolly:

  • Che aspetto ha questo problema, come e dove si verifica?
  • Perché dobbiamo risolvere questo problema?
  • Come lo si risolve oggi?

Analisi della domanda

Quali richieste ci sono nel processo? Chi fa le richieste? Con quale frequenza? Qual è il volume?

Non lasciatevi trascinare dalla voglia di conoscere esattamente tutti i dettagli delle richieste; il più delle volte un’informazione approssimativa con qualche variazione è molto meglio di nessuna informazione.

In assenza di informazioni molto dettagliate, parlate con le persone che lavorano su quel flusso, con i manager e con coloro che generano la domanda per quel prodotto/servizio. Concentratevi inizialmente sulla ricerca di tutto ciò che è già in corso, di tutto ciò che è già stato pianificato e che le persone si sono già impegnate a fare e di ciò che è stato consegnato la settimana precedente, in modo da poter uscire dalla soggettività e concentrarvi su ciò che è già un dato di fatto.

Il primo passo è identificare i “Tipi di domanda”, che non è altro che identificare i tipi di lavoro che passano attraverso il flusso. Come negli esempi che seguono:

  • Progetti
  • Richieste legate alla roadmap del prodotto
  • Richieste di adeguamento normativo
  • Errori/bug
  • Incidenti
  • Debito tecnico
  • Esperimenti
  • Richieste dei clienti

Se sono difficili da identificare, iniziate a guardare l’ultima settimana, poi gli ultimi 15 giorni e se riuscite ad arrivare agli ultimi 30 giorni, è un ottimo punto di partenza.

Di seguito sono riportate alcune domande che possono aiutare a sbloccare la conversazione e a esplorare i tipi di richieste che vengono fatte:

  • Quali sono le “cose” su cui avete lavorato la scorsa settimana?
  • C’è un periodo del mese o dell’anno in cui dovete agire su qualcosa che arriva solo in quel periodo?
  • Ci sono task o richieste che arrivano con urgenza o senza alcuna pianificazione?
  • Avete delle richieste o delle cose urgenti e dovete interrompere tutto per occuparvene?
  • Le richieste provengono tutte da un unico punto o da diverse fonti/richiedenti?

Una volta identificati i principali tipi di domanda, si può cercare di raggrupparli – se sono troppi, si possono raggruppare e riunire in 6 tipi principali di domanda.

Esplorate quindi questi aspetti per ogni tipo di domanda:

Da dove viene?

  • Identificare la fonte della domanda, se interna o esterna, da quale area.

Chi la prende in carico?

  • Identificare chi la riceve e cosa fa con la domanda per valutarne le aspettative.

Frequenza di ricezione

  • Quante volte riceviamo questo tipo di domanda alla settimana o al mese? Identificare il volume, per settimana o per mese, ricordando che può essere un dato approssimativo, se è difficile guardare per mese allora guardate alle ultime settimane. In genere, le richieste con il volume più elevato meritano un’attenzione particolare per avere a disposizione maggiori informazioni.

Natura della domanda

  • Pianificata
  • Non pianificata
  • Stagionale – Arriva in un periodo specifico del mese o dell’anno. Spesso il flusso è già sovraccarico e quando arrivano queste richieste non c’è preparazione per affrontarle.
  • Casuale

SLA / Aspettative di consegna

  • Qual è il tempo di consegna previsto? Identificare le aspettative di consegna e vedere se c’è qualcosa che potrebbe integrare le fonti di insoddisfazione.

Un formato utile per registrare queste informazioni è quello di creare una tabella/foglio di calcolo per organizzare i dati e raggruppare i tipi di domanda.

Analisi della capacità

Quanto tempo impiega una richiesta per essere consegnata? Ci sono colli di bottiglia? Dove si blocca il flusso? Quanto viene consegnato per periodo (mese, settimana o sprint)?

È molto comune che le persone subiscano la mancanza di informazioni relative all’analisi della capacità, spesso rinunciando perché ritengono di non avere abbastanza informazioni, soprattutto quando si entra a far parte di un’organizzazione che ha ancora pochi dati quantitativi sulle consegne.

Non è necessario un sistema di metriche altamente raffinato per ottenere una prima comprensione della capacità. Se lo fate, è fantastico, ma se non lo fate, non sentitevi frustrati. Non preoccupatevi, cercheremo di demistificare questa fase, in modo che possiate raccogliere informazioni preziose, anche quando sembra che non ce ne siano. Vi assicuriamo che le informazioni ci sono sempre e che facendo le domande giuste riuscirete a trovarle.

L’obiettivo principale è capire in che modo l’organizzazione è in grado di soddisfare la domanda attuale e identificare se c’è un sovraccarico e da dove proviene. A tal fine, è meglio esaminare lo storico delle ultime settimane e riportare tutto ciò che è stato consegnato, di solito considerando un minimo di 2 settimane e idealmente 1 o 2 mesi di consegne.

Elementi da raccogliere per ogni tipo di domanda che viene consegnata:

  • Identificare i tipi di domanda.
  • Identificare il tempo di consegna di ciascun tipo di domanda.
  • Individuare se si è verificato un blocco e quale ne è la causa.
  • Identificare se c’è stato un sovraccarico di lavoro.
  • Identificare come sono state gestite le esigenze stagionali e se il personale è stato sovraccaricato o ha fatto gli straordinari.

Non preoccupatevi troppo dell’accuratezza delle informazioni, a volte non ci sono dati esatti. Le informazioni approssimative sono utili.

A questo punto è possibile capire il volume delle consegne evase dal team e fare un controllo incrociato con il volume delle richieste in entrata. Il suggerimento è di vedere se le richieste che arrivano più frequentemente sono in equilibrio con quelle che escono più frequentemente, perché potrebbero esserci opportunità di esplorare e definire meglio le priorità.

Un esempio: se il servizio consegna tra i 5 e i 10 elementi di un tipo di domanda a settimana, ma ogni settimana ne arrivano tra i 15 e i 20, si può già capire che c’è un problema. È chiaro che c’è un sovraccarico e si può correlare questo dato con l’analisi della domanda per capire la fonte del sovraccarico.

Seguendo il modello di Pareto, l’obiettivo è quello di evidenziare il 20% delle richieste che rappresentano l’80% dei problemi.

Classi di servizio

Quali richieste hanno un rischio diverso da altre? Ci sono richieste urgenti? Ci sono richieste con una scadenza?

L’obiettivo principale è quello di comprendere le classi di servizio già esistenti, per cui il suggerimento di scoprire cosa arriva con urgenza rispetto al resto è, nella maggior parte dei casi, sufficiente per iniziare e permette alle persone di semplificare la comprensione.

Tuttavia, in questa fase in cui si parla di classi di servizio, spesso vediamo la persona che facilita lo STATIK iniziare a introdurre i concetti di classe di servizio e cercare di implementare questi concetti per ogni categoria di domanda, spesso riempiendo di contenuti teorici le altre persone coinvolte in questo processo – facendo cadere il gruppo di lavoro esattamente nel terzo errore comune, ovvero cercare di essere quello che ne sa più degli altri – e di essere visto come il “professore” che insegnerà a tutti cos’è la classe di servizio e come segmentare le richieste utilizzando ciascuno dei suoi concetti.

La conseguenza di questo tipo di atteggiamento è che probabilmente inizierete ad affrontare la resistenza delle persone già in STATIK, perché vi siete messi a progettare un processo.

Evitate la trappola di voler usare STATIK per insegnare le classi di servizio ed evitate di usare il momento per implementare le classi di servizio, concentratevi invece sulla comprensione delle cose come sono oggi e non sull’introduzione di cose nuove.

Per evitare di cadere in questa trappola, basta scoprire il profilo di rischio delle richieste esistenti. Verificate se ci sono richieste con scadenze, se ci sono richieste urgenti, se ci sono richieste con priorità diverse. Classificate queste richieste utilizzando una nomenclatura che tutti conoscono ed evitate di introdurre termini che potrebbero essere troppo complicati per le persone in quel momento.

Come riferimento, le classi di servizio determinano il modo in cui la domanda deve essere gestita dal flusso di lavoro.

  • Gli elementi urgenti sono quelli che devono essere consegnati il prima possibile o che avrebbero dovuto essere già consegnati. Di solito sono legati a problemi, incidenti o guasti gravi, perché prima vengono consegnati, maggiore è la percezione del valore.
  • Gli elementi con una data hanno una scadenza rispetto alla quale il valore/risultato possa essere realizzato. A volte, anticipare non aumenta la percezione del valore.
  • Gli elementi normali sono quelli di cui il team si occupa quotidianamente, messi in sequenza ed eseguiti.
  • Esistono anche elementi dei quali la percezione del valore nel tempo è intangibile, che non hanno un’aspettativa legata alla consegna o un risultato chiaro. Inizialmente, consiglio di trattarli insieme alle voci normali per semplificare il processo STATIK.

Un consiglio è anche quello di esplorare alcuni esempi pratici con il gruppo, mettendoli in relazione con le richieste discusse nelle fasi precedenti per comprendere i volumi.

Un esempio pratico che è capitato a un team di Marketing è stato quando abbiamo utilizzato STATIK e abbiamo identificato che il problema principale era rappresentato dalle richieste che arrivavano con urgenza dalle Risorse Umane, che le portavano sempre con poco preavviso. STATIK ha contribuito a fare emergere questa consapevolezza e il primo passo è stato quello di organizzare il flusso per rendere visibile questo problema e quindi organizzare meglio la presa in carico di questo tipo di richieste.

Flusso di lavoro

Come funziona il flusso delle richieste? Progettare il flusso di lavoro. Iniziate in modo semplice. Concentratevi sulla mappatura del flusso attuale piuttosto che sulla sua correzione.

L’obiettivo principale è comprendere le fasi già in atto per il completamento del lavoro.

Non cercate di aggiustare il flusso – ancora una volta, non cadete nella trappola di essere quello che ne sa più degli altri – l’obiettivo è modellare il flusso così com’è oggi.

C’è un istinto naturale a guardare alcuni problemi e a volerli correggere nella mappatura, o a giudicare che sono sbagliati. Questo finisce per generare una sensazione negativa nelle persone, facendo sembrare che tutto sia sbagliato, e spesso si finisce per perdere i dettagli dello scenario perché le persone possono avere paura del giudizio degli altri.

Potrebbe anche esserci una certa pressione a riordinare il flusso utilizzando qualcosa di già noto e voi, in qualità di facilitatori STATIK, dovreste sottolineare che il primo passo verso il cambiamento è quello di generare una comprensione comune dello scenario da diversi punti di vista.

Quando durante la mappatura ci si imbatte in un miglioramento del flusso, assicurarsi che l’insoddisfazione per quel punto sia mappata; questo aiuterà a garantire che non venga dimenticata, poiché potrebbero esserci più modi per risolvere l’insoddisfazione.

La discussione su un punto di miglioramento del flusso può anche essere sviluppata nell’arco di qualche giorno osservando il flusso in azione. Di solito entro una settimana i principali problemi e insoddisfazioni diventano molto evidenti.

Suggerimenti importanti:

  • Non giudicare il flusso e la realtà
  • In questo momento, è sufficiente tracciare una mappa di come si presenta il flusso nella realtà
  • Se avete molte particolarità, concentratevi su quelle più importanti.
  • I diversi tipi di domanda possono avere flussi diversi

Iniziate con una semplice rappresentazione della realtà, che vi aiuterà a mettere in luce i principali problemi e le attuali insoddisfazioni.

Prima di tutto disegnate uno schema condiviso, è importante disegnare e rendere visibile la mappatura in modo che tutti abbiano la stessa comprensione della realtà.

Non è un problema iniziare a mappare il flusso a livello di team, ma tenete presente che STATIK si basa sul pensiero sistemico, quindi se utilizzate questo approccio cercate di capire come si colloca questo team rispetto al sistema d’insieme e come influisce sul risultato del cliente. Questo vi fornirà un allineamento globale rispetto al prodotto/servizio e vi farà guardare all’insoddisfazione da una prospettiva più ampia.

Questo approccio aiuta a identificare i principali colli di bottiglia, a far emergere i conflitti di comunicazione tra le diverse aree o i team che lavorano al flusso e a individuare il punto di partenza migliore.

Cadenze

Quali cadenze e cicli di feedback esistono oggi?

Affinché il vostro processo funzioni in modo minimamente efficiente, è necessario che ci siano determinate cadenze, riunioni o momenti di riflessione. Che si tratti del flusso di lavoro, delle consegne o di decidere cosa consegnare o come consegnare qualcosa.

Queste riunioni possono non essere formali o svolgersi a intervalli fissi, ma sono cadenze in cui le persone valutano problemi, processi, richieste e prendono decisioni. Vale la pena di prendere nota di queste cadenze e di capire lo scopo di ciascuna di esse.

È comune che le organizzazioni che iniziano a utilizzare il metodo Kanban abbiano una routine di pianificazione e follow-up.

Il consiglio è di sviluppare in qualche modo il contenuto di queste 3 routine principali:

  • Semplice riunione di pianificazione e allineamento settimanale (Replenishment Meeting)
  • Riunione giornaliera per la verifica del lavoro sulla Kanban board (Kanban Meeting)
  • Retrospettiva alla fine della settimana per valutare con il team ciò che è stato consegnato, i risultati e i punti da migliorare nel flusso (Service Delivery Review)

Non cambiate e non create resistenze: iniziate con le routine esistenti, con gli stessi nomi e poi, se necessario, evolvete con il passare dei giorni. Se una routine non è presente nella vostra organizzazione, va bene restare così come si è. Con il passare dei giorni, la mancanza di questa cadenza può diventare evidente e potete introdurla, se necessario.

Progettare il sistema Kanban e metterlo in pratica

Kanban ha i 3 principi di gestione del cambiamento che ci guidano e orientano, e quando iniziamo a introdurre le pratiche sono ancora più importanti:

1. Iniziate da ciò che fate oggi.

Rispettare l’attuale processo, i ruoli, i titoli e le responsabilità.

2. Accettate di perseguire il miglioramento attraverso il cambiamento evolutivo.

3. Incoraggiate la leadership a tutti i livelli.

Nel corso di questo articolo abbiamo sottolineato l’importanza di prendere atto della realtà piuttosto che esprimere giudizi, quindi quando si tratta di mettere in pratica questi principi, non dimenticateli.

Generalmente ci troviamo di fronte a due scenari:

  • Scenario 1 – Un’organizzazione che non ha un modo strutturato di gestire il lavoro, dove tutto viene fatto utilizzando fogli di calcolo, e-mail o persino liste di compiti individuali.
  • Scenario 2 – Organizzazione che ha un modo per gestire il lavoro, di solito con software come Trello, Jira, Microsoft TFS, VersionOne o altri strumenti di gestione dei progetti.

Indipendentemente dallo scenario, la raccomandazione è di concentrarsi sul flusso di lavoro discusso nello STATIK Canvas. Se trovate difficile rappresentare il flusso nella sua interezza, va bene iniziare con un approccio parziale, purché vi assicuriate che le insoddisfazioni siano evidenti e senza perdere di vista l’intero flusso (visione sistemica), poiché la maggior parte dei problemi nasce nelle iterazioni tra le parti.

Tenete presente che questo è il primo passo verso il cambiamento, fate attenzione che la cosa più importante a questo punto è portare il lavoro verso una sua gestione visuale e osservare. Ricordate il principio “Iniziate da ciò che fate oggi”.

In situazioni di lavoro in presenza, il consiglio è di iniziare con una lavagna fisica che genera meno resistenza, ma sappiamo che oggi la realtà è il lavoro a distanza, quindi uno degli strumenti digitali più semplici con cui iniziare è Trello. Per le organizzazioni che già dispongono di uno strumento, il consiglio è di evitare attriti e di utilizzare lo strumento esistente.

Una volta progettato il flusso, è sufficiente portare tutte le richieste in corso all’interno del flusso stesso, utilizzando contrassegni o etichette per rappresentare i tipi di richieste e le classi di servizio. La corretta classificazione delle informazioni vi aiuterà a raccogliere le informazioni in modo corretto.

Rafforzate le cadenze e le routine che sono state individuate, ricordatevi l’obiettivo e concordate le date e gli orari per ogni momento.

Con il passare dei giorni, l’insoddisfazione diventerà evidente, così come il volume delle richieste in corso e i colli di bottiglia. Le cadenze aiuteranno le persone a riflettere su queste insoddisfazioni e potrete apportare miglioramenti che affrontino le insoddisfazioni, facendo un primo passo verso il miglioramento continuo.

È abbastanza comune fare molti progressi entro due mesi e allora si può iniziare a esaminare le altre pratiche del metodo Kanban e continuare a far evolvere il proprio sistema di lavoro. Ma non abbiate fretta, ogni cosa accade a suo tempo.

Non dimenticate di evidenziare i miglioramenti e i risultati ottenuti: in questo modo contribuirete a guardare oltre i problemi, a generare l’impegno a continuare a evolvere e a farvi lavorare in modo più pragmatico e basato sull’evidenza.

Ricordate:

  • Non modellare un sistema più complicato del necessario.
  • A volte il solo fatto di avere una visione di insieme è già un risultato sufficiente per il momento.
  • All’inizio, i principali vantaggi derivano dalla gestione visiva, rendendo esplicita l’insoddisfazione.

“Un sistema non è mai la somma delle sue parti. È il prodotto dell’interazione tra le parti” – Russell Ackoff

Dal caos al flusso: sbloccare il potenziale del tuo team con Kanban

Sei pronto a trasformare il modo in cui il tuo team lavora? Unisciti a noi per un evento speciale dove imparerai come utilizzare Kanban per passare dal caos al flusso. Scopri come sbloccare il potenziale del tuo team e ottimizzare la produttività. Non perdere questa opportunità unica!

Partecipando alla nostra simulazione potrai mettere in pratica come funziona il metodo Kanban in un’azienda, capirai come lavorare con il metodo Kanban, vedrai quali difficoltà possono verificarsi e capirai come risolvere i problemi.

I partecipanti potranno sperimentare le pratiche generali Kanban: visualizza, limita il work in progress (WIP), gestisci il flusso, esplicita le policy, implementa cicli di feedback, migliora collaborando ed evolvi sperimentando.

La partecipazione a questo evento dà diritto a 3 PDU ways of working per il mantenimento della certificazione PMI.

Prenota il tuo posto ora e preparati a rivoluzionare il modo in cui lavori!

Prima sessione – Milano

Quando: venerdì 28 febbraio 2025 dalle 9:30 alle 12:30
Dove: Garibaldi Business Center – Via Jacopo dal Verme 7, 20159 Milano
Costo: gratuito
Disponibilità di posti limitata, prenota il tuo posto cliccando qui

Seconda sessione – Milano

Quando: venerdì 28 febbraio 2025 dalle 14:30 alle 17:30
Dove: Garibaldi Business Center – Via Jacopo dal Verme 7, 20159 Milano
Costo: gratuito
Disponibilità di posti limitata, prenota il tuo posto cliccando qui

Sessione di Roma

Quando: sabato 1 marzo 2025 dalle 15:00 alle 18:00
Dove: E-quality Italia S.r.l. – Via Salaria 108/D, 00015 Monterotondo (RM)
Costo: gratuito
Disponibilità di posti limitata, prenota il tuo posto cliccando qui

I posti su Milano sono esauriti! Ma non preoccuparti, sono in arrivo nuove date. cliccando sulla sessione di tuo interesse puoi metterti in lista d’attesa e ti avviseremo noi non appena le nuove date saranno disponibili!

(Ciascuna sessione è una replica dell’evento)

L’Arsenale di Venezia: un sistema Kanban ante litteram

L’Arsenale di Venezia, un tempo il più grande complesso industriale d’Europa, e il metodo Kanban potrebbero sembrare non avere alcuna correlazione. Tuttavia, un’analisi più attenta e approfondita rivela sorprendenti somiglianze e interessanti spunti di riflessione. L’esempio che sto per raccontarvi ci condurrà alla scoperta di una straordinaria storia che affonda le sue radici nel passato.

Un modello pionieristico di produzione industriale

L’Arsenale di Venezia, fondato nel XII secolo, rappresenta uno dei primi e più avanzati esempi di complesso industriale integrato nella storia. Si trattava di un cantiere navale gestito dalla Repubblica di Venezia, specializzato nella costruzione e nella manutenzione delle navi da guerra e mercantili della Serenissima. Per secoli, è stato il cuore pulsante della potenza marittima veneziana, grazie a una straordinaria organizzazione del lavoro che anticipava molti dei principi della produzione industriale moderna.

Con una forza lavoro che raggiungeva le 16.000 unità, l’Arsenale era in grado di costruire e allestire una galea al giorno, grazie a un’organizzazione del lavoro altamente specializzata e a una divisione delle fasi produttive. Questa struttura permetteva una produzione efficiente e standardizzata delle navi.

L’entrata dell’Arsenale dipinta da Canaletto, 1732

L’organizzazione della produzione nell’Arsenale di Venezia

L’Arsenale funzionava come una gigantesca macchina produttiva, organizzata secondo un modello che garantiva velocità, efficienza e qualità nella costruzione delle navi. La produzione era suddivisa in una serie di fasi altamente specializzate, ciascuna affidata a operai esperti detti “arsenalotti”. Questi artigiani erano suddivisi in corporazioni a seconda del loro ruolo nel processo produttivo.

La gestione del flusso di lavoro

La costruzione di una nave all’interno dell’Arsenale seguiva un percorso ben definito, che prevedeva le seguenti fasi principali:

  1. Preparazione del legname: Il legno proveniva dalle foreste del Cadore e di altri territori sotto il controllo della Serenissima. Dopo essere stato selezionato e stagionato, veniva trasportato all’Arsenale per essere lavorato.
  2. Assemblaggio dello scafo: Gli operai specializzati nelle strutture in legno lavoravano con una precisione quasi standardizzata. L’impiego di modelli e tecniche di produzione ripetitive permetteva di costruire scafi in tempi rapidi.
  3. Placcatura e rinforzi: Dopo la realizzazione dello scheletro della nave, si procedeva alla placcatura esterna con tavole di legno, fissate con chiodi e resine impermeabilizzanti. Le navi veneziane erano rinomate per la loro robustezza e leggerezza.
  4. Installazione delle sovrastrutture e dell’attrezzatura di bordo: In questa fase venivano installati gli alberi, le vele, i remi e le decorazioni, oltre alle cabine per l’equipaggio e i capitani.
  5. Armamento e rifinitura: Le navi da guerra erano dotate di cannoni e altre attrezzature belliche prima di essere varate e messe in servizio.

Questa suddivisione del lavoro consentiva di realizzare una galea in tempi straordinariamente brevi per l’epoca, arrivando, nei momenti di massima efficienza, a costruire una nave al giorno.

Un sistema Kanban ante litteram

Uno degli aspetti più innovativi dell’Arsenale di Venezia era la sua capacità di funzionare in maniera simile a un moderno sistema di produzione Kanban. Il processo di costruzione delle navi era altamente standardizzato e suddiviso in reparti specializzati, con un flusso di materiali e manodopera ottimizzato per garantire la massima produttività.

Gli arsenalotti utilizzavano un sistema di prefabbricazione in cui le diverse sezioni della nave, come ordinate, paratie e fasciame, venivano prodotte separatamente e contrassegnate con numeri o segni distintivi. Queste parti venivano poi trasportate nei punti di assemblaggio finale, dove venivano montate in sequenza, riducendo significativamente i tempi di costruzione. La numerazione delle parti facilitava il lavoro degli operai specializzati, assicurando che ogni componente fosse posizionato correttamente senza margine di errore.

A differenza di altri cantieri navali dell’epoca, dove la costruzione avveniva in modo artigianale e disperso, nell’Arsenale veneziano la produzione era centralizzata e organizzata in una sequenza precisa. Questa innovazione permetteva di ottenere navi di qualità uniforme e di ridurre i tempi di realizzazione, garantendo a Venezia una flotta costantemente rinnovata e aggiornata.

La gestione delle risorse e il controllo della qualità

La Repubblica di Venezia esercitava un controllo rigoroso sulle risorse necessarie alla produzione navale. Le materie prime, come il legno, il ferro e la pece, erano gestite direttamente dallo Stato, che ne garantiva la disponibilità e la qualità. Anche la manodopera era regolata da un sistema preciso: gli arsenalotti godevano di salari stabili e privilegi che li incentivavano a trasmettere le loro competenze alle nuove generazioni.

Inoltre, ogni fase della costruzione era soggetta a controlli rigorosi per garantire la massima qualità delle imbarcazioni. La Serenissima aveva compreso l’importanza della standardizzazione e della manutenzione preventiva per mantenere la propria supremazia marittima.

Valori del metodo Kanban riconoscibili nel sistema dell’Arsenale di Venezia

Il metodo Kanban si basa su valori e pratiche che possiamo sorprendentemente ritrovare nell’organizzazione dell’Arsenale di Venezia. Di seguito analizziamo le principali corrispondenze.

1. Trasparenza

Kanban enfatizza la trasparenza dei processi di lavoro attraverso strumenti visivi, come le Kanban board. Allo stesso modo, nell’Arsenale di Venezia, l’organizzazione della produzione era chiara e strutturata:

  • Le diverse fasi della costruzione navale erano visibilmente organizzate nei vari reparti dell’Arsenale.
  • Ogni lavoratore sapeva esattamente quale fosse la sua mansione e il contributo alla fase produttiva.

2. Collaborazione

Il metodo Kanban incoraggia la collaborazione tra team per migliorare il flusso di lavoro. L’Arsenale era un esempio di lavoro collettivo su larga scala:

  • Le diverse corporazioni di mestieri (falegnami, calafati, fabbri, velai) collaboravano strettamente per completare ogni nave nel minor tempo possibile.
  • Il processo produttivo era suddiviso in team specializzati che operavano in modo interdipendente, simile ai team Kanban moderni.

3. Equilibrio

Kanban aiuta a bilanciare la domanda e la capacità produttiva. L’Arsenale manteneva un equilibrio attraverso:

  • Produzione su richiesta, evitando scorte eccessive. Le navi venivano costruite in base alle esigenze della Repubblica di Venezia, evitando surplus inutili.
  • Una gestione delle risorse centralizzata, assicurando che ogni reparto ricevesse materiali in modo coordinato.

4. Focalizzazione sul cliente

Il metodo Kanban incoraggia a lavorare su ciò che porta valore al cliente finale. L’Arsenale aveva una forte attenzione al bisogno della Serenissima:

  • La produzione di navi era ottimizzata per garantire potenza navale e velocità di risposta alle esigenze militari e commerciali di Venezia.
  • La capacità di costruire una galea al giorno era una risposta diretta alle necessità strategiche di difesa e commercio.

5. Leadership a tutti i livelli

Kanban valorizza il ruolo di ogni membro del team nel miglioramento continuo. Anche nell’Arsenale:

  • Gli arsenalotti non erano semplici operai, ma specialisti altamente qualificati, il cui sapere era tramandato di generazione in generazione.
  • L’organizzazione del lavoro lasciava spazio all’iniziativa individuale, permettendo ai maestri d’arte di migliorare continuamente le tecniche costruttive.

Pratiche del metodo Kanban riconoscibili nel sistema dell’Arsenale di Venezia

1. Visualizzare il lavoro

Nel metodo Kanban, i flussi di lavoro vengono visualizzati su una board. Nell’Arsenale:

  • Il layout fisico dell’Arsenale permetteva una visualizzazione naturale, dove ogni fase di costruzione aveva una posizione ben definita.
  • Le navi in costruzione erano assemblate lungo un canale e le attività assegnate a ogni squadra erano chiaramente visibili.

2. Limitare il lavoro in corso (WIP – Work In Progress)

Il metodo Kanban limita il numero di attività in corso per evitare sovraccarico e sprechi. Nell’Arsenale:

  • La costruzione era organizzata per fasi specifiche e sequenziali, evitando congestioni di lavoro.
  • Il numero di navi in produzione era attentamente regolato per non sovraccaricare le risorse e ottimizzare i tempi.

3. Gestire il flusso di lavoro

Kanban aiuta a identificare colli di bottiglia e ottimizzare il flusso. Nell’Arsenale:

  • La suddivisione del lavoro in reparti specializzati assicurava un flusso regolare e prevedibile della produzione.
  • Ogni squadra di operai riceveva i materiali e i componenti nel momento giusto, garantendo un processo continuo, l’Arsenale era sostanzialmente un sistema ‘pull’.

4. Rendere le regole di processo esplicite

Kanban suggerisce di rendere le regole operative chiare per tutti. Nell’Arsenale:

  • Il lavoro era rigidamente regolato da norme statali e procedure definite.
  • I mestieri erano organizzati in corporazioni con ruoli e compiti ben definiti, simili alle policy documentate nei sistemi Kanban.

5. Implementare feedback loop

Nel metodo Kanban, i feedback sono la vera e propria catena di trazione del miglioramento continuo. Nell’Arsenale:

  • La produzione era monitorata costantemente, per correggere errori e ottimizzare i processi.
  • Venezia investiva nella formazione continua degli arsenalotti, trasmettendo le conoscenze per migliorare le tecniche produttive.

6. Migliorare collaborando ed evolvere sperimentando

Il metodo Kanban incoraggia cambiamenti incrementali per ottimizzare il sistema. Nell’Arsenale:

  • I metodi di costruzione delle navi si evolvevano continuamente, adattandosi alle nuove esigenze belliche e commerciali.
  • L’innovazione tecnologica era costante, con l’introduzione di miglioramenti nei materiali e nelle tecniche di assemblaggio.

Conclusione

L’Arsenale di Venezia rappresentava un modello industriale e di organizzazione del lavoro sorprendentemente vicino ai principi di Lean e del metodo Kanban. La suddivisione delle fasi produttive, la gestione del flusso, il controllo delle risorse e della qualità hanno reso questo straordinario cantiere navale uno dei più avanzati della storia.

Il modello produttivo veneziano non solo garantì alla Serenissima una flotta potente ed efficiente, che dominò i mari per quasi un millennio, ma gettò anche le basi per quelli che sono stati i successivi sviluppi nel campo della produzione industriale. Sebbene sviluppato in un contesto preindustriale, il metodo veneziano dimostra come l’efficienza nella gestione del lavoro sia un principio senza tempo.

Fonti sull’organizzazione del lavoro nell’Arsenale di Venezia:
Giovanni Caniato – L’Arsenale: maestranze e organizzazione del lavoro – Treccani
Carlo Gatti – L’Arsenale di Venezia – Mare Nostrum

Pillole di Kanban applicato: le classi di servizio permettono ai fornitori di gestire al meglio le aspettative dei clienti

Quando un cliente richiede un intervento a un fornitore, il suo obiettivo principale è ottenere una soluzione rapida ed efficace alla propria richiesta. Non è interessato alle eventuali difficoltà interne del fornitore, come un carico di lavoro elevato o altre sfide organizzative. Questa realtà pone una pressione significativa sui fornitori, ma offre anche un’opportunità per migliorare l’organizzazione utilizzando strumenti come le Classi di Servizio definite dal metodo Kanban.

Gestione di tre classi di servizio al gate di un aeroporto

Il cliente e le aspettative di risposta

La settimana scorsa, erano i primi giorni del nuovo anno dopo le festività natalizie, ho chiesto un intervento a un fornitore e ho ricevuto questa risposta:

“Buongiorno, oggi pomeriggio verrete contattati da Mario (nome di fantasia) e verrà fornito un preventivo per gli interventi da svolgere.
Ci scusiamo per l’attesa, ma abbiamo un carico di lavoro abbastanza elevato in questi giorni e stiamo cercando di evadere tutte le richieste in maniera più celere possibile.
Grazie”

Ho preso questa come esempio, ma risposte dello stesso tenore sono abbastanza comuni nei servizi. Alle volte sono anche verbose e forniscono giustificazioni articolate, tipicamente imputando la responsabilità a fattori esterni. Tuttavia al cliente non interessa quale carico di lavoro abbia il fornitore né il perché. Mi chiedo sempre perché chi scrive tali risposte non rifletta mai sul fatto che, quando si trova a sua volta a essere cliente di qualcuno, non è affatto interessato ai problemi di chi sta dall’altra parte.

Per un’organizzazione che vuole migliorare il proprio livello di maturità, è fondamentale smettere di dedicare tempo alle giustificazioni e investire invece lo stesso tempo nello sviluppo di un sistema organizzativo. Il metodo Kanban ci può aiutare e nello specifico ci possono aiutare le Classi di Servizio.

Perché il cliente non è interessato ai problemi del fornitore?

Il cliente si trova al centro della propria esperienza e il suo problema è la sua priorità. Ecco alcuni motivi per cui il cliente non considera rilevanti le difficoltà interne del fornitore:

  1. Aspettative elevate: I clienti si aspettano risposte rapide e soluzioni efficaci, soprattutto quando hanno già atteso un certo periodo di tempo.
  2. Concorrenza sul mercato: Se un fornitore non è in grado di rispondere tempestivamente, il cliente può rivolgersi a un concorrente.
  3. Percezione del valore: Il cliente valuta il servizio in base al risultato finale e alla qualità dell’interazione, non agli ostacoli incontrati dal fornitore lungo il percorso.

Questa disconnessione di prospettive sottolinea l’importanza di un’organizzazione interna che permetta di gestire al meglio le richieste, anche in periodi di alta domanda.

Il metodo Kanban e le Classi di Servizio

Le Classi di Servizio nel metodo Kanban aiutano gestire il lavoro in base al costo del ritardo, ovvero quanto costa al cliente aspettare che il lavoro venga fatto. Le Classi di Servizio sono la base per la costruzione di una solida disciplina di triage, che è la vera risposta ai clienti per fornire loro buoni livelli di servizio.

Vediamo quali sono le tipiche Classi di Servizio che possono essere utilizzate per garantire i livelli di servizio, anche a fronte di un carico di lavoro elevato.

1. Classe Urgente (Expedite)

Questa classe è dedicata alle richieste che richiedono attenzione immediata e non possono aspettare. Nel contesto del servizio clienti, potrebbe includere:

  • Problemi critici che bloccano le operazioni del cliente.
  • Emergenze che richiedono un intervento immediato.

Le richieste in questa classe devono essere gestite con la massima priorità, interrompendo temporaneamente il lavoro su altre attività. Perciò il numero di richieste di Classe Urgente gestibili deve essere limitato, definendo bene le policy per l’assegnazione di questa classe alle richieste.

2. Classe a Data Fissa (Fixed Date)

Alcune richieste hanno una scadenza specifica, ma non richiedono attenzione immediata. Ad esempio:

  • Interventi programmati.
  • Attività legate a eventi o scadenze legali.

Queste richieste devono essere pianificate per garantire che siano completate entro la data richiesta. Per pianificarle correttamente è necessario conoscere il tempo di attraversamento (Lead Time) per sapere quando metterle in lavorazione. Ho scritto un articolo al proposito che potete leggere qui.

3. Classe Standard

La maggior parte delle richieste rientra normalmente in questa classe. Sono importanti, ma non urgenti e non hanno una scadenza specifica. Il loro costo del ritardo cresce linearmente e devono essere gestite entro un ‘periodo ragionevole’. Nei sistemi organizzativi maturi il fornitore è in grado di definire tale ‘periodo ragionevole’ e offrire al cliente un livello di servizio standard basato sulla misura del Lead Time. Il fornitore è anche in grado di calcolare un livello di rischio operativo rispetto al livello di servizio offerto. Ho scritto un articolo al proposito che potete leggere qui.

4. Classe Intangibile

Questa classe è riservata a lavori che migliorano i processi interni o riducono i rischi futuri, ma che non hanno un impatto immediato sul cliente. Il costo del ritardo è appunto ‘intangibile’. Ad esempio:

  • Ottimizzazione dei sistemi.
  • Formazione del personale.

Queste richieste svolgono un ruolo importante nei periodi di bassa domanda da parte dei clienti, perché costituiscono una riserva di lavoro che consente di mantenere costante il carico di lavoro del sistema.

Differenziazione dei prezzi in base alle Classi di Servizio

Un aspetto interessante delle Classi di Servizio è la possibilità di applicare prezzi differenziati, come avviene in settori come quello ferroviario o aereo. Ad esempio:

  • Classe Urgente: Può comportare un costo più elevato per garantire un trattamento prioritario e la disponibilità immediata delle risorse.
  • Classe a Data Fissa: Un prezzo intermedio, che riflette la necessità di una pianificazione specifica ma senza l’urgenza.
  • Classe Standard: Un prezzo adeguato al livello di servizio standard offerto.
  • Classe Intangibile: In molti casi, questa classe potrebbe non essere addebitata direttamente al cliente ma rappresentare un investimento interno.

Definire una struttura tariffaria in funzione delle Classi di Servizio non solo permette di allocare meglio le risorse, ma può anche aiutare i clienti a scegliere il livello di servizio più adatto alle loro esigenze, aumentando la loro soddisfazione complessiva.

Come implementare le Classi di Servizio nella gestione delle richieste

Un approccio di base alla disciplina del triage prevede un lavoro continuativo rispetto ai seguenti punti:

  1. Identificazione delle richieste: Classificare ogni richiesta in base al costo del suo ritardo utilizzando le Classi di Servizio.
  2. Comunicazione con il cliente: Informare il cliente su quando e come la sua richiesta verrà gestita, migliorando la trasparenza.
  3. Allocazione delle risorse: Assegnare le risorse in base alle classi, evitando il sovraccarico di un singolo team o operatore.
  4. Monitoraggio e miglioramento continuo: Utilizzare metriche come il Lead Time e il tempo di ciclo (Cycle Time) per monitorare le prestazioni e apportare miglioramenti.

Conclusione

Un carico di lavoro elevato non deve diventare un ostacolo alla soddisfazione del cliente. Implementando le Classi di Servizio del metodo Kanban ed eventualmente introducendo una differenziazione dei prezzi, i fornitori possono migliorare la gestione delle richieste, garantire tempi di risposta adeguati e mantenere alta la soddisfazione del cliente. In questo modo, è possibile trasformare una sfida organizzativa in un’opportunità per ottimizzare i processi e fidelizzare i clienti.

Pillole di Kanban applicato: quando un approccio pragmatico ed evolutivo evita di complicare inutilmente le cose

Quando si implementa un sistema Kanban è importante evitare di complicare inutilmente le cose. In particolare un aspetto con cui mi confronto spesso è come riuscire a ricavare, appunto senza complicazioni inutili, le prime metriche di flusso su cui lavorare.

Iniziare da quello che si sta facendo ora

Kanban ci insegna a iniziare da quello che si sta facendo ora e tipicamente i team dispongono già di sistemi informativi, quali che siano. Un approccio relativamente semplice per ottenere dati sui Lead Time è quindi quello di estrarre dai sistemi esistenti le marche temporali (timestamp) relative alle varie attività e lavorare su quelle in un foglio di calcolo, per ricavare le metriche. Così ho fatto anche recentemente, salvo che mi sono trovato davanti a una situazione che mi ha fatto riflettere. Voglio raccontarvi l’episodio perché è rappresentativo di un approccio che si incontra spesso e che però è dannoso.

Una soluzione inutilmente complicata

Il flusso di lavoro in questione (per la gestione dell’iscrizione a un servizio e la firma di un contratto) consta di 5 step. Ho chiesto al fornitore del sistema informativo già esistente di poter estrarre una tabella con le marche temporali dei passaggi di stato tra i cinque step. Semplicissimo, il resto lo avrei fatto io sul mio foglio di calcolo. Ho ottenuto la seguente risposta (la ho modificata e decontestualizzata per ovvie ragioni di riservatezza, ma ne ho conservato il senso):

“Per rispondere alla richiesta basterebbe aggiungere 5 campi alla form di iscrizione, che verrebbero valorizzati ad ogni passaggio di stato. (T0 – Creazione, T1 – Risposta, T2 – Verifica, T3 – Firma, T4 – Completata)

Però, durante i primi utilizzi del sistema è emersa la necessità di “forzare lo stato” dell’iscrizione per riportarlo indietro e dunque si potrebbe verificare che un determinato T registrato nel sistema possa essere sovrascritto (es. “T3 – Firma” se ripercorro uno step precedente verrebbe sovrascritto).

A tal proposito quanto sopra proposto non sarebbe più valido e la nostra soluzione diventa quella di disabilitare il campo di stato dell’iscrizione e implementare un’azione “Cambia Stato” dove si dovrà selezionare il nuovo stato che si vuole assegnare all’iscrizione, oltre all’inserimento di una motivazione.

I campi sopra proposti non sarebbero più necessari e addirittura fuorvianti e dunque la form sopra descritta alimenterebbe un elenco di “Audit”, in cui ogni singola riga rappresenta un singolo cambio di stato della singola iscrizione. (Autore, Ora e Motivazione).

Saranno messi a disposizione i seguenti elenchi:
…”

Il messaggio terminava con la lista degli elenchi messi a disposizione e una quotazione della soluzione proposta.

La soluzione semplice

Le prime tre righe in realtà avevano già risposto alla mia richiesta, sarebbe bastato fare una quotazione di quello (che però non è stata fatta). Invece chi ha risposto ha preso spunto da alcune eccezioni che si erano verificate nel flusso e si è impegnato nell’immaginare una gestione di tali eccezioni. Che peraltro nessuno aveva richiesto. Tanto però è bastato per convincere i miei colleghi a rimandare la richiesta.

Ho dovuto discutere, prima con i miei colleghi, poi con il fornitore, per farli recedere dalla ‘gestione delle eccezioni’ e convincerli ad adottare la semplice soluzione che anche il fornitore aveva perfettamente delineato nelle prime tre righe della risposta. Una volta convinti, e a qualche settimana di distanza dall’implementazione (per raccogliere i primi dati), la nostra Flow Review si è arricchita di una utilissima metrica di distribuzione dei Lead Time. E le eccezioni? Le ho semplicemente tolte dai dati e trattate a parte, per il momento.

Morale della storia

Che lezione possiamo trarre da questa storia?

Il metodo Kanban incoraggia la semplicità e l’efficienza, iniziando con i processi esistenti, migliorandoli in modo incrementale e concentrandosi sul flusso di valore. Nel caso descritto è stata sufficiente la semplice estrazione dei dati per analizzare le prime metriche e valutare insieme al team le successive azioni di miglioramento del servizio da sperimentare. Senza inutili complicazioni.

Pillole di Kanban applicato: lo spillone porta comande in pizzeria

Una delle caratteristiche principali del metodo Kanban è la semplicità e l’efficacia nel visualizzare il flusso di lavoro. Un esempio sorprendentemente chiaro di Kanban in azione si può trovare in una pizzeria tradizionale e in quello che reputo uno degli strumenti più antichi del mondo: lo spillone porta comande.

Lo spillone porta comande come sistema Kanban

Come è ancora facile osservare in molte pizzerie e ristoranti, le comande vengono tradizionalmente appuntate su foglietti di carta e infilate in uno spillone vicino alla cucina. Questo semplice strumento è un esempio intuitivo di sistema Kanban. Riflettiamo su come funziona:

1. Visualizzazione del lavoro

Ogni foglietto rappresenta un ordine da preparare. Lo stato del lavoro è visibile in tempo reale:

  • I foglietti infilati sullo spillone sono gli ordini ricevuti e ancora da iniziare.
  • Quelli che vengono tolti dallo spillone e messi sul bancone del pizzaiolo o in cucina sono in corso di lavorazione.
  • Gli ordini completati vengono rimossi dal sistema.

2. Limitazione del lavoro in corso

Il numero massimo di foglietti che lo staff può gestire contemporaneamente è limitato dalla capacità operativa della cucina. Se la pila dei foglietti cresce troppo, il sistema segnala un sovraccarico e suggerisce la necessità di gestire meglio la capacità o rallentare l’accettazione di nuovi ordini.

3. Gestione del flusso

I foglietti si spostano lungo un percorso implicito:

  • Ingresso: L’ordine viene preso dal cameriere e aggiunto allo spillone.
  • Elaborazione: Il pizzaiolo o la cucina preparano i piatti in ordine di arrivo.
  • Uscita: Una volta completato, l’ordine viene servito e il foglietto viene eliminato.

4. Feedback immediato

Lo spillone offre feedback istantaneo sullo stato del lavoro:

  • Se il numero di foglietti aumenta rapidamente, è chiaro che c’è un collo di bottiglia.
  • Se la pila si riduce o si svuota, il flusso sta funzionando in modo ottimale.

Vantaggi del sistema

  • Semplicità: Non richiede tecnologia avanzata o competenze tecniche.
  • Trasparenza: Tutti i membri dello staff possono vedere lo stato degli ordini.
  • Adattabilità: Si adatta automaticamente alla capacità della cucina.
  • Miglioramento continuo: I dati visivi sul flusso di lavoro aiutano a identificare e risolvere i problemi.

Conclusione

Uno spillone porta comande in una pizzeria è un esempio tangibile di come i principi del Kanban possano essere applicati in qualunque contesto di servizi. Questa semplicità dimostra che i metodi di gestione visuale del lavoro possono migliorare l’efficienza e la trasparenza ovunque ci sia un flusso di lavoro, dalla cucina di una pizzeria a un team di sviluppo software. Una lezione preziosa per chiunque desideri ottimizzare i propri processi!

Pillole di Kanban applicato: non servono eroi, servono risk manager

Un breve articolo che ho letto in questi giorni mi ha ricordato una grande verità: nessuno si ricorderà o renderà merito agli eroi silenziosi che giorno per giorno, con piccoli costanti cambiamenti, permettono alle organizzazioni di prosperare prevenendo i problemi ed evitando i rischi.

Così come tutti si ricordano i pompieri che hanno spento un incendio e salvato vite ma nessuno si ricorda di chi altrove, con un lavoro nascosto e costante di prevenzione, ne ha evitati magari a decine con un impatto reale molto maggiore.

Applicare il metodo Kanban è anche questo: accettare di essere antieroi, non a caso la leadership a livelli alti del Kanban Maturity Model prevede il valore essenziale dell’umiltà.

Ne avevo già parlato a proposito del ruolo di project manager in un precedente post che potete rileggere qui, ma vale per qualunque ruolo aziendale. Non servono eroi, servono risk manager.

immagine Wikimedia, clicca qui per i crediti

Riporto l’articolo originale di Dimitar Bakardzhiev (la traduzione è mia):

“Avete mai notato che gli ingranaggi organizzativi di solito girano senza alcun plauso per le menti che li guidano?

Ciò evidenzia la realtà del management: gli stessi individui o le iniziative che guidano la trasformazione sono spesso trascurati o sottovalutati.

Questi eroi non celebrati – manager che risolvono silenziosamente i conflitti, implementano sistemi che prevengono il caos o motivano i team a superare le aspettative – raramente fanno notizia.

Eppure, sono le ancore che tengono a galla e fanno prosperare le organizzazioni. Il loro contributo, anche se impercettibile, è la spina dorsale del progresso.

Forse è giunto il momento di fermarsi e chiedersi: stiamo davvero riconoscendo i catalizzatori nelle nostre organizzazioni o lasciamo che il successo metta in ombra i suoi architetti silenziosi?

Iniziamo a celebrare non solo i risultati, ma anche le menti umili che li rendono possibili.”

Come funziona Kanban: la gestione proattiva dei rischi

Per far funzionare bene un sistema organizzativo e i suoi flussi di lavoro è fondamentale una gestione proattiva dei rischi, che infatti è un filo conduttore chiave del metodo Kanban. In tre degli ultimi cinque articoli ho già trattato il tema del rischio e di come viene affrontato per migliorare le previsioni e rendere i flussi di lavoro più stabili e affidabili. In questo articolo voglio risalire alla fonte e spiegare quali sono i razionali di base di tale approccio.

Le radici concettuali: il pensiero di Taleb, Shewhart e Deming

Nassim Nicholas Taleb, nel suo pensiero sul rischio, esplora il concetto di incertezza e imprevedibilità, evidenziando come molti eventi significativi (i cosiddetti ‘Cigni Neri’) siano estremamente improbabili, ma hanno un impatto enorme e sono spesso razionalizzati solo a posteriori. Taleb critica la dipendenza da modelli statistici tradizionali che sottovalutano le dinamiche dell’incertezza e del caos. Introduce inoltre il concetto di antifragilità, ovvero la capacità di un sistema di non solo resistere agli shock, ma di trarne beneficio e crescere. Taleb incoraggia un approccio prudente e resiliente al rischio, valorizzando la robustezza e il fattore umano rispetto alla fiducia cieca nella previsione e nel controllo.

Mediocristan ed Extremistan

Una delle idee chiave di Taleb, che ha influenzato ed è stata ripresa dal metodo Kanban, è la distinzione tra Mediocristan ed Extremistan per descrivere due tipi di domini statistici che influenzano la nostra comprensione del rischio e dell’incertezza.

Mediocristan:

  • Caratteristiche: Si riferisce a un mondo in cui le variabili seguono una distribuzione normale o gaussiana. Gli eventi estremi (outlier) sono rari e hanno un impatto minimo sull’insieme. La maggior parte delle variazioni è contenuta entro limiti prevedibili.
  • Esempi: Peso o altezza di un gruppo di persone. Aggiungere una persona di altezza straordinaria o peso anomalo non cambia significativamente la media complessiva.
  • Principio: Le dinamiche sono dominabili e i fenomeni sono relativamente stabili.

Extremistan:

  • Caratteristiche: Si riferisce a un mondo dominato da distribuzioni a coda grassa o lunga (fat-tail), dove eventi estremi sono frequenti e possono avere un impatto sproporzionato. I valori eccezionali contano molto di più rispetto alla media.
  • Esempi: Ricchezza, successo editoriale, popolarità di un video online. Un singolo miliardario o bestseller può influenzare enormemente la media.
  • Principio: Le dinamiche sono altamente imprevedibili e dominano le eccezioni.

Mediocristan è il dominio della stabilità, dove gli eventi rari non contano molto, mentre Extremistan è il regno dell’incertezza e degli eventi straordinari, che possono alterare radicalmente la realtà. Secondo Taleb, il mondo reale, soprattutto in ambiti come l’economia o l’innovazione, è spesso più vicino all’Extremistan, rendendo fondamentale considerare i rischi di eventi eccezionali (i ‘Cigni Neri’).

Rischi di variazione per causa comune e rischi di variazione per causa speciale

I rischi nei sistemi Kanban vengono classificati come rischi di variazione per causa comune (chance cause variation) e rischi di variazione per causa speciale (assignable cause variation). Questi concetti derivano dal lavoro pionieristico di Walter Shewhart negli anni ’20 del secolo scorso e sono stati ulteriormente sviluppati da William Edwards Deming, influenzando profondamente il Toyota Production System da cui il metodo Kanban deriva direttamente. La differenza tra questi rischi è un concetto fondamentale per la gestione del flusso di lavoro in un sistema Kanban.

Variazioni per causa comune:

  • Sono intrinseche al sistema e derivano dalla normale variabilità dei processi di lavoro.
  • Sono sempre presenti e contribuiscono alla fluttuazione “naturale” delle prestazioni.
  • Esempi: lievi differenze nei tempi di completamento delle attività, piccole variazioni nella qualità del lavoro, fluttuazioni nella domanda di lavoro.
  • Gestione: si affrontano migliorando il sistema nel suo complesso, ottimizzando i processi e riducendo la variabilità intrinseca.

Variazioni per causa speciale:

  • Sono esterne al sistema e derivano da eventi specifici e identificabili.
  • Sono imprevedibili e causano deviazioni significative dalle prestazioni normali.
  • Esempi: guasti imprevisti alle apparecchiature, richieste urgenti non pianificate, assenze improvvise del personale, ritardi da parte di fornitori esterni.
  • Gestione: si affrontano identificando la causa specifica, intervenendo per risolvere il problema immediato e implementando misure preventive per evitare che si ripeta in futuro.

I concetti di Extremistan e Mediocristan, introdotti da Taleb, sono strettamente correlati ai concetti di rischi di variazione per causa comune e rischi di variazione per causa speciale:

  • I rischi di variazione per causa comune sono tipici del Mediocristan. Sono variazioni intrinseche al sistema, con un impatto limitato e prevedibile. Possono essere gestiti migliorando il sistema nel suo complesso e riducendo la variabilità intrinseca.
  • I rischi di variazione per causa speciale sono tipici dell’Extremistan. Sono variazioni imprevedibili, spesso causate da eventi esterni al sistema, che possono avere un impatto significativo sulle prestazioni. Richiedono un’azione immediata per identificare e risolvere la causa specifica, oltre a misure preventive per evitare che si ripetano in futuro.

Il ruolo del Lead Time

L’analisi dei tempi di consegna (Lead Time) in un sistema Kanban può rivelare se ci troviamo di fronte a un Mediocristan o a un Extremistan:

  • Tempi di consegna con una distribuzione ‘a coda sottile’ (thin-tailed) indicano un Mediocristan: la maggior parte dei lead time si concentra attorno alla media, con pochi outlier. Possiamo utilizzare i valori di Lead Time per fare delle previsioni e pianificare.
  • Tempi di consegna con una distribuzione ‘a coda grassa o lunga’ (fat-tailed) indicano un Extremistan: la media è influenzata da outlier estremi, rendendola un indicatore poco affidabile. Dobbiamo analizzare gli outlier e anticipare i loro effetti con contromisure specifiche (in gergo si parla di “tagliare la coda”).

La pratica Kanban di limitare il WIP (Work in Progress) ha lo scopo di ottenere una distribuzione dei lead time a coda sottile, tipica del Mediocristan. Limitando il lavoro in corso, si riduce la variabilità del sistema, rendendolo più prevedibile e meno soggetto a eventi estremi.

Un percorso evolutivo per imparare a gestire i rischi

Il Kanban Maturity Model (KMM) sottolinea l’importanza di imparare a distinguere tra rischi di variazione per causa comune e rischi di variazione per causa speciale, per una gestione del rischio efficace. Nei livelli di maturità più bassi, le organizzazioni tendono a reagire a tutte le variazioni come se fossero speciali, con un approccio reattivo e spesso inefficace.

Man mano che l’organizzazione matura, sviluppa la capacità di:

  • Riconoscere le variazioni per causa comune e concentrarsi sul miglioramento continuo del sistema.
  • Identificare rapidamente le variazioni per causa speciale, intervenire per risolvere i problemi e implementare misure preventive.

Questa capacità di discernimento è cruciale per migliorare il flusso di lavoro, ridurre i rischi e aumentare la prevedibilità delle prestazioni.

Superare la mentalità vittimistica

Un ostacolo al discernimento dei rischi è che in molti ambienti aziendali la presunta complessità del contesto (cioè considerare tutte le variazioni come se fossero per causa speciale, mentre in realtà sono per causa comune) viene usata come scusa per giustificare le proprie prestazioni inadeguate. Le difficoltà esterne sono addotte come unica ragione delle scarse prestazioni, attribuendo i propri insuccessi a fattori esterni anziché a carenze personali o di metodo, di conseguenza evitando di assumersi la responsabilità di migliorare il sistema di lavoro.

Tale mentalità è particolarmente diffusa in ambienti di lavoro con bassa maturità. Si parla di ‘abdicazione’ in relazione alla leadership. Un leader che abdica alle proprie responsabilità, evitando di prendere decisioni e di affrontare i problemi, contribuisce a creare un ambiente in cui si diffonde una mentalità vittimistica. I membri del team, non sentendosi guidati e supportati, tenderanno a scaricare la colpa altrove e a lamentarsi invece di cercare soluzioni.

Al contrario un ambiente di lavoro positivo e collaborativo, con una leadership forte e supportiva, può contribuire a contrastare la mentalità vittimistica. Quando le persone si sentono valorizzate, responsabilizzate e parte di un team, sono più propense ad affrontare le sfide con un atteggiamento positivo e proattivo.

Evolvere la propria gestione del rischio insieme alla maturità organizzativa

La gestione del rischio nel Kanban Maturity Model (KMM) evolve significativamente attraverso i diversi livelli di maturità. Man mano che un’organizzazione matura, la sua capacità di identificare, analizzare e mitigare i rischi diventa più sofisticata e integrata nella sua cultura e nei suoi processi.

Ecco una panoramica di come il rischio viene gestito ai diversi livelli di maturità:

Livello 0 – Oblivious: A questo livello, il rischio non viene gestito in modo consapevole. L’organizzazione non ha processi definiti per l’identificazione o la mitigazione dei rischi, e le decisioni vengono prese in modo reattivo, spesso solo dopo che i problemi si sono già verificati.

Livello 1 – Team Focused: I team iniziano a riconoscere l’esistenza dei rischi, ma la gestione è ancora informale e limitata al livello di singolo team. I rischi vengono discussi durante le riunioni del team e si cerca di trovare soluzioni pragmatiche per mitigarli.

Livello 2 – Customer Driven: L’organizzazione inizia a comprendere l’importanza della gestione del rischio per la soddisfazione del cliente. Si introducono metriche per monitorare i rischi e si inizia a sviluppare una comprensione più olistica del flusso di lavoro, identificando potenziali punti deboli e colli di bottiglia.

Livello 3 – Fit for Purpose: La gestione del rischio diventa un processo più formale e integrato nel sistema Kanban. Si utilizzano le classi di servizio per dare priorità al lavoro in base al rischio e al valore per il cliente. Si implementano meccanismi di feedback per apprendere dagli errori e migliorare continuamente la gestione del rischio.

Livello 4 – Risk Hedged: L’organizzazione sviluppa una solida capacità di gestione del rischio. Si implementano processi di governance del rischio e si utilizzano metriche avanzate per monitorare le prestazioni e identificare le aree di miglioramento.

Livello 5 – Market Leader: La gestione del rischio diventa parte integrante della cultura organizzativa. L’organizzazione è in grado di anticipare i rischi e di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato. Si adotta un approccio proattivo alla gestione del rischio, investendo in innovazione e sperimentazione per mitigare i rischi futuri.

Livello 6 – Built for Survival: L’organizzazione è in grado di gestire eventi imprevisti e di alta criticità. Si sviluppano piani di emergenza e si mettono in atto strategie per garantire la resilienza e la continuità operativa, anche in scenari di crisi. Un’organizzazione a questo livello di maturità è antifragile, sa trarre beneficio dagli shock estremi (i ‘Cigni neri’) e sfruttarli a proprio favore per crescere.

In sintesi, la gestione del rischio nel KMM evolve da un approccio reattivo e informale a un processo proattivo, integrato e strategico. La maturità della leadership gioca un ruolo fondamentale in questo processo, guidando l’organizzazione verso una maggiore consapevolezza e una gestione più efficace del rischio.

Conclusione

La comprensione dei concetti di Extremistan e Mediocristan, la loro relazione con i rischi di variazione, l’evoluzione della maturità organizzativa sono fattori cruciali per una gestione del rischio efficace in un sistema Kanban. Analizzando la distribuzione dei Lead Time e implementando opportune strategie di gestione e controllo del flusso di lavoro, è possibile mitigare i rischi e migliorare la prevedibilità delle prestazioni dei servizi, anche in contesti complessi e incerti.

Come funziona Kanban: gestire le dipendenze esterne con le classi di dipendenza

Qualche giorno fa, un team IT con cui collaboro da tempo, e che ha già sviluppato un sistema Kanban abbastanza sofisticato, stava facendo un’analisi più puntuale del flusso di lavorazione dei ticket del proprio service desk e delle performance rispetto agli SLA (accordi sul livello di servizio).

Analizzando le metriche il team ha notato che a volte il servizio viene erogato (dalla prima risposta alla risoluzione) in tempi superiori a quelli previsti dagli SLA e si è accorto che questo succede in un caso specifico.

Viene aperto un ticket al quale viene assegnata priorità bassa o media. Il fornitore ci mette molto a rispondere e con il passare del tempo la priorità si alza. A un certo punto il ticket diventa a priorità alta, quando però è troppo tardi per risolverlo nel rispetto dei tempi previsti dagli SLA per la priorità alta (più stringenti rispetto a quelli per i ticket a priorità più bassa).

E’ bene ricordare che quando nei sistemi Kanban si parla di ‘priorità’ si intende ‘classe di servizio’, concetto correlato con il ‘costo del ritardo’, ovvero quanto costa all’organizzazione posticipare la lavorazione di quell’elemento di lavoro, nel nostro caso il ticket.

La priorità aumenta con il passare del tempo

L’esempio che mi è stato fatto è quello di un incidente su un software di gestione ordini. Era stato aperto con priorità media. Dopo due settimane l’utente doveva procedere con gli ordini altrimenti l’azienda sarebbe restata senza materiali e la priorità era stata cambiata in alta. Assegnando una priorità più alta al ticket (con uno SLA più stringente), il team si è ritrovato immediatamente fuori SLA.

Questa è la tipica situazione in cui il team, nel proprio percorso di maturazione, si rende conto di avere bisogno di qualcosa di nuovo per gestire sempre meglio il proprio flusso di lavoro. E lo chiede al Kanban coach.

Poster riassuntivo della gestione delle dipendenze, disponibile sul sito Kanban+ della Kanban University

Da una gestione reattiva a una gestione proattiva delle dipendenze e del rischio correlato

Ho fatto riflettere il team sul fatto che la gestione delle dipendenze (dai fornitori, ma non solo) fatta fin lì era stata reattiva, mentre era arrivato il momento di introdurre le cosiddette ‘classi di dipendenza’ (Classes of Dependency Management), ovvero fare il triage anche a valle sui fornitori e, in funzione di quello, agire in modo proattivo, anticipando i problemi. 

Dobbiamo considerare il flusso di lavoro su cui stiamo lavorando, nel nostro esempio il nostro service desk, come un servizio che chiama un altro servizio, nel nostro esempio il servizio di assistenza del fornitore.

In un sistema Kanban possiamo disporre di metriche di flusso, tra cui una curva di distribuzione dei Lead Time relativa allo step del flusso di lavoro in cui siamo in attesa del fornitore. La stessa curva rappresenta una buona approssimazione del Lead Time del nostro fornitore e possiamo utilizzarla per calcolare il livello di rischio che abbiamo rispetto al fatto che il fornitore ritardi la risoluzione del ticket. Disporre della metrica relativa al fornitore significa che possiamo valutare quanto questo sia affidabile e capire cosa aspettarci, in modo da poterci regolare di conseguenza.

Gestire le priorità in funzione delle classi di dipendenza

Possiamo quindi, in funzione del rischio calcolato sul tempo di risposta del fornitore, assegnare la classe di dipendenza e agire come segue:

  • aprire il ticket al fornitore con una priorità più alta rispetto a quella che esponiamo a monte all’utente del nostro servizio
  • eventualmente alzare da subito la priorità anche del nostro servizio
  • in funzione della classe di dipendenza attribuita e se esiste un buon livello di collaborazione, si può chiedere proattivamente al fornitore di riservare della capacità produttiva, in modo puntuale e dinamico
  • eventualmente si può riservare della capacità produttiva anche nel nostro servizio, per accelerare le nostre operazioni quando finalmente il fornitore risponde

Da un punto di vista pratico e in termini di visualizzazione, si contrassegna il ticket con un’etichetta che corrisponde alla classe di dipendenza. Si stabilisce quindi una policy correlata alla classe di dipendenza in base alla quale l’elemento di lavoro viene trattato opportunamente.

Conclusione

Sostanzialmente il rischio correlato alla dipendenza dal fornitore viene gestito giocando d’anticipo, in modo proattivo, sistematico e standardizzato. In questo modo non viene più cambiata la priorità in corso di lavorazione ai ticket perché, a fronte di un rischio, la policy che regola la gestione della classe di dipendenza prevede già una priorità più alta e le opportune contromisure. E anche a fronte di un fornitore poco affidabile, il nostro flusso di lavoro risulta maggiormente prevedibile e affidabile, aumentando la soddisfazione degli utilizzatori del nostro servizio.

Una trattazione più articolata e dettagliata delle classi di dipendenza la potete trovare sul portale Kanban+ della Kanban University, cliccando qui.